giovedì 30 agosto 2007

Il Festival della Mente

Oggi anziché l’abituale pensiero del fine settimana vi invito alla quarta edizione del “Festival della Mente” di Sarzana (La Spezia) da domani 31 agosto al 2 settembre.

48 appuntamenti (anche per bambini e ragazzi), una particolare attenzione alle prospettive dell'antropologia, all'arte, un'originale approccio alla poesia e due serie di letture commentate dedicate a Einstein e alle invasioni barbariche. Un momento interessante per fare crescere idee nuove.

Nel sito del Festival è possibile ascoltare gli interventi delle edizioni precedenti.



martedì 28 agosto 2007

Le differenze insegnano

Gli uomini non possono radersi, le donne portano gonne lunghe e Dio conta le loro lacrime. Una spericolata donna poliziotto nel mondo della rigida comunità ebraica di New York indaga su un omicidio. Tra persone che “tornano” per cercare una spiritualità antica che li guidi, un uomo, ebreo osservante e una donna poliziotto, forte ed emancipata, condividono i loro mondi. Mentre cercano la verità, insieme scoprono che l’essere diversi insegna sempre.

E’ la trama del film di Sidney Lumet: “Un' estranea fra noi” che ho rivisto recentemente. Risale al 1993, ma è sempre bello sia per l’originalità del tema trattato che per la regia.

Confesso che è un film che ho spesso utilizzato durante i miei corsi quando parlo della comunicazione nel campo delle differenze culturali e intersettoriali all’interno della stessa azienda.

Nel film, dietro a quella che sembra l’eterna storia d’amore impossibile, intravediamo due mondi che si scontrano e che solo apparentemente non avranno mai niente in comune.
Anch’io sono la causa dell’incontro tra mondi diversi quando porto le persone in monastero con Abbey Programme® e quando faccio sperimentare la “via della spada” con Samurai Lab®.

I mondi paralleli esistono ed esisteranno sempre finchè ci saranno culture e background culturali differenti. La bellezza sta nello scoprire i punti di incontro e come dietro a gesti banali a volte ci siano secoli di significati profondi ancora validi fino ad oggi. Se culture antiche si riflettono nella modernità significa che hanno ancora da insegnare e solo l’uomo aperto di mente può cogliere quegli eterni valori che fanno dell’umanità un piccolo grande paese (come la comunità ebraica di New York) dove tutti si conoscono e dove solo gli “estranei” non sapranno mai sentirsi a casa anche se dimorano “fra noi”.

venerdì 24 agosto 2007

Le emozioni

Cos'è un’emozione? Come funziona? Come possiamo descriverla?
Sono domande che un formatore esperto ha di sicuro affrontato più di qualche
volta cercando le risposte adeguate sul campo.

Le emozioni hanno radici profonde neurobiologiche e possono modificarsi con
le esperienze che viviamo e immagazziniamo. Ci aiutano a relazionarci e parlano agli altri di noi e di come siamo e viceversa.

È quello che sostiene Keith Oattley nel suo libro
“Breve storia delle
emozioni”.
È stato interessante per me vivere la pausa estiva in compagnia di questo libro, per nulla noioso.
Ho avuto modo di reincontrare tante scuole di
pensiero a cui mi ispiro nei miei corsi (intelligenza emotiva, scuole mediche e psichiatriche, filosofiche e sociologiche).

Nel panorama descritto nel libro, tra l’altro molto vasto, le parti che ho trovato più interessanti sono le “storie” perchè raccontano in modo analitico le strategie elaborate per regolare e gestire le emozioni di chi le ha vissute sia come protagonista che come terapeuta.

giovedì 23 agosto 2007

martedì 21 agosto 2007

Voci anonime e gridi d’aiuto

Il numero verde sembrava una benedizione.
Per cominciare è gratuito, poi c’è sempre qualcuno che ti ascolta.

Purtroppo non sempre è così e Claudio Magris ce ne parla proprio il giorno di ferragosto nella pagina Cultura de Il Corriere della Sera in un articolo dal titolo “La maledizione del numero verde”.

Che anche Magris sia incappato in un elettrodomestico rotto, in un cellulare inutilizzabile o nella catastrofe di una valigia persa alla Malpensa? Non lo so, ma è certo che anche lui deve aver provato cosa vuol dire essere dirottato nella ragnatela dei numeri a cascata per ottenere determinati servizi: poi, alla fine, arriva una voce che ci dice che non si può fare niente. È fredda, spersonalizzata, disinteressata, anonima anche se preceduta dal numero dell’operatore.

“Al posto delle gentili centraliniste d’un tempo si rivolge a noi soltanto un verbo asettico e neutro che non si fa carne…” è vero, se la macchina alla fine non può sostituire l’uomo perché rendere l’uomo una macchina? E quella voce anonima non ascolta perché, freudianamente parlando, il problema non lo sente suo e nell’infinita casistica non può nemmeno risolverlo.

Pochi giorni prima di ferragosto ci ho provato anch’io. Prima su Internet poi al fatidico numero verde. Il mio era un problema di cellulare: nella mia abissale ignoranza tecnologica non riuscivo ad attivare alcuni servizi e disattivarne altri. Alla fine ho ceduto e sono ritornato dal negoziante dove un giovane sorridente mi ha risolto in pochi minuti il problema.
Si è anche soffermato a parlare della mia attività segnalandomi un uso più corretto e stampandomi le istruzioni da seguire. Al termine della conversazione, risolto il tutto, mi ha rimandato a casa con un “torni pure per qualsiasi necessità” seguito da un sorriso che diceva “amo il mio lavoro e risolvere i problemi altrui” e da una stretta di mano che mi dava l’idea di conoscerlo da sempre.

Non è niente di nuovo, è solo una persona a cui piace il suo lavoro, che ascoltando risolve piccoli problemi quotidiani che per lui sono sciocchezze e per noi rogne inimmaginabili.
Lo citerò nei miei corsi, sempre, perché quando si incontrano questi “esseri in estinzione” è bene ricordare che tutti possiamo essere così, basta imparare a vivere il nostro lavoro da persone e non da automi.


giovedì 9 agosto 2007

Pensiero del fine settimana

Il lavoro è come un palo: ha due capi.
Se lavori per uno che se ne intende gli dai la qualità,
ma se lo fai per uno stupido, basta contentare l’occhio.

Aleksandr Solzhenitsyn

martedì 7 agosto 2007

Per migliorare bisogna cambiare

Kaizen (改善) è una metodologia giapponese di miglioramento continuo, passo a passo, che applicato in campo imprenditoriale coinvolge l'intera struttura aziendale.
Il termine Kaizen è la composizione di due termini giapponesi: KAI (cambiamento) e ZEN (meglio). Quello che l’etimologia ci vuole insegnare è che per migliorare bisogna cambiare.

La logica del cambiamento è innata nell’uomo: i bambini imparano presto a camminare e a cibarsi da soli basandosi sull’istinto. Lo stesso processo avviene anche in chi lavora; si impara un mestiere per poi applicarlo. Il problema nasce nella seconda fase, quando cioè “si ha imparato” e non si è più disposti al cambiamento per cui ci si fossilizza nella ripetitività delle azioni e nella noia della consuetudine.

“Imparare ad imparare” nell’età adulta sembra più difficile perché non si vuole ammettere che per aggiornarsi e crescere serve automotivazione e tanta disciplina. Chi non sa usarle avrà difficoltà a raggiungere una piena realizzazione personale e sul lavoro diventerà terribilmente abitudinario frenando sia la propria crescita che quella dell’azienda. Se questa persona è un manager, con responsabilità di altre persone, potete immaginare il danno che può provocare.

Kaizen è un termine che uso spesso in Samurai Lab®: crescere significa combattere sempre contro le proprie pigrizie mentali, uscire dagli schemi, creare nuove buone abitudini e mantenerle nel tempo.

Si dice che le aziende che non si rapportano al mercato chiudono. Io credo che gli uomini che non si rapportano al miglioramento continuo portino le aziende a chiudere.
Per questo, come dei samurai, dobbiamo crescere sempre, allenarci con costanza a ricercare nel nostro cuore fonti di ispirazione per noi e per gli altri e fermarci solo per godere dei successi o per riflettere sugli insuccessi per ripartire con maggiore determinazione verso la prossima battaglia.

domenica 5 agosto 2007

Coltivare l’orto e se stessi

Qualche giorno fa un’amica conosciuta durante un viaggio a Berna, mi ha inviato un bellissimo libro dal tema inusuale che vi consiglio di leggere durante la pausa estiva: “L’arte di coltivare l’orto e se stessi”.
“Come si coltiva un orto? Attraverso quali atti? Che cosa c’è da mettere in gioco?” Sono le domande che l’autrice Adriana Bonavia Giorgetti si fa all’inizio di questo libro. Naturalmente non è un trattato di orticoltura, né una raccolta di istruzioni per coltivare se stessi, ma la scoperta dell’orto come luogo per reimparare il senso del lavoro.
Mentre le piante ci parlano tra prezzemolo, basilico e altri ortaggi si può capire il senso di una pazienza antica in cui l’azione di oggi ha bisogno di tempo per crescere, per maturare e darci poi i suoi frutti. I gesti per coltivare un orto sono sempre semplici, ma attenti, di una ritualità antica in cui contemplazione e meditazione si mescolano alla cura e alla razionalità.

“Da un fagiolo di un centimetro nasce una pianta che a sviluppo completo occuperà parecchio spazio in altezza e larghezza per cui l’attenzione deve svilupparsi al futuro” quale migliore insegnamento per uomini prospettati a creare o dirigere imprese? Come sempre la natura, anche se delimitata in piccole aiuole, ci insegna a recuperare noi stessi e a non staccarci mai dal nostro piccolo orto interiore che richiede sempre più cure di quelle che normalmente gli concediamo.
Chi semina raccoglie…

giovedì 2 agosto 2007

Pensiero del fine settimana

Il pessimista si lamenta del vento avverso,
l’ottimista si aspetta che cambi,
il realista aggiusta le vele.


Motto del veliero Capitan Miranda della Marina Uruguaiana