Bambina mia!
È notte ora. È la notte di Natale.
Tutti i guerrieri della mia piccola fortezza si sono addormentati.
Dormono tuo fratello e tua sorella. Ormai dorme anche tua madre. Ho
rischiato di svegliare i pulcini dormienti, mentre mi facevo strada
verso questa stanza un po’ illuminata.
Come sei lontana da me! Ma possa io diventare cieco se la tua
immagine non mi è costantemente di fronte agli occhi. La tua immagine è
qui, sul tavolo ed è anche qui, vicino al mio cuore. E dove sei tu?
Là, nella favolosa Parigi, danzi sul grandioso palco del teatro sugli Champs-Élysées.
[…]
Sii bellissima e danza! Sii una stella e splendi! Ma se l’ammirazione
e la gratitudine del pubblico dovessero ubriacarti, se l’aroma dei
fiori che ti porgono dovesse darti le vertigini, siediti in un angolino e leggi la mia lettera, ascolta la voce del tuo cuore!
Io sono tuo padre, Geraldine! Sono Charlie, Charlie Chaplin!
Sai quante notti sono stato seduto a fianco del tuo lettino, quando
eri ancora una bimba, raccontandoti favole sulla bella addormentata, sul
drago che non dorme mai? Molte favole ti ho narrato in quelle lontane
notti ma mai ho potuto narrarti la mia. Eppure anche quella è interessante.
È la favola di un buffone affamato, che danzava e cantava nei quartieri poveri di Londra, per poi raccogliere la carità. Ho conosciuto la fame, ho sperimentato cosa volesse dire non avere un tetto sopra la testa.
Ma ancora più importante, ho patito la terribile pena di essere un
buffone vagabondo con in petto un oceano di orgoglio, un orgoglio che
veniva profondamente ferito dalle monetine gettatemi.
Eppure sono vivo, dunque non diamoci ulteriore importanza. Meglio
parlare di te. Dopo il tuo nome c’è il mio cognome: Chaplin. Con questo
cognome, per più di quarant’anni ho fatto ridere la gente di questo
mondo. Ma io ho pianto ben di più di quanto loro abbiano riso.
Geraldine, nel mondo che tu abiti, non vi sono solo danze e musica!
Ogni tanto prendi la metro o l’autobus, fatti un giro a piedi e osserva
la città. Presta attenzione alle persone! Guarda le vedove e gli orfani!
Ed almeno una volta al giorno, ripeti a te stessa: “Io sono come loro“.
Sì, sei una di loro, bambina mia! E c’è di più: l’arte, prima di dare
all’uomo le ali, per potersi innalzare, solitamente gli spezza le
gambe. E se mai giungerà il giorno in cui ti sentirai superiore al tuo
pubblico, lascia subito il palcoscenico. Prendi il primo taxi e fatti portare alla periferia di Parigi. Io la conosco bene!
Lì incontrerai molte danzatrici come te, anche più belle, aggraziate
ed orgogliose. Le abbaglianti luci del tuo teatro non saranno nemmeno un
ricordo in quei luoghi. Il loro riflettore è la luna. Osserva con
attenzione, osservale! Non danzano meglio di te? Ammettilo, bambina mia!
Ci sarà sempre chi danza meglio di te e chi recita meglio di te.
E ricorda: nella famiglia di Charlie non c’è mai stato
nessuno tanto maleducato da offendere un cocchiere o irridere i poveri
seduti sulle rive della Senna.
Io morirò, ma tu continuerai a vivere. Vorrei che tu non conoscessi mai la povertà.
Insieme a questa lettera, ti inverò un libretto degli assegni, di modo
che tu possa spendere quanto desideri. Ma ogni volta che spendi due
franchi, ricorda a te stessa che la terza moneta non è per te. Deve appartenere allo sconosciuto che ne ha bisogno.
Non avrai difficoltà a trovarlo. Bisogna solo avere il desiderio di
vedere questi poveri sconosciuti e ne incontrerai ovunque. Parlo con te
di denaro, avendo conosciuto il suo diabolico potere. Ho passato non poco tempo al circo. Mi sono sempre preoccupato tanto per i funamboli. Ma devo dirti che le persone cadono ben più spesso sulla nuda terra, di quanto non facciano i funamboli dalla fune malferma.
Forse, durante una delle serate di gala, sarai accecata dal luccichio
di un qualche diamante. Da quel preciso istante, diventerà per te una
pericolosa fune e non potrai più evitare di cadere. Non vendere il tuo cuore per l’oro e i gioielli.
Sappi che il diamante più grande è il sole. Esso, per fortuna, splende per tutti.
E quando giungerà per te il tempo di amare, ama quella persona con
tutta te stessa. Il tuo lavoro è difficile, lo so. Il tuo corpo è
coperto solo da un drappo di seta. Per amore dell’arte si può uscire in
scena anche nudi ma è necessario rientrare tra le quinte non solo vestiti ma anche più puliti.
Io sono vecchio e, forse, queste mie parole ti sembrano buffe. Eppure, secondo me, il tuo nudo corpo deve appartenere a chi amerà la tua nuda anima. Voglio che tu sia l’ultima tra le persone che diventeranno sudditi dell’isola dei nudi.
So che i padri ed i figli combattono un’eterna lotta. Combatti con me, con il mio pensiero, bambina mia. Non mi piacciono i figli sottomessi.
E finché ancora dai miei occhi non sono sgorgate lacrime su questa
lettera, voglio credere che questa notte di Natale sia una notte di
miracoli. Vorrei che accadesse una meraviglia e che tu comprendessi
davvero cosa ho voluto dirti.
Charlie è già invecchiato, Geraldine. Prima o poi,
al posto del candido abito da scena, dovrai vestire a lutto, per venire
alla mia tomba. Non voglio ora intristirti. Solo, ogni tanto, guardati allo specchio;
vi troverai i miei lineamenti. Nelle tue vene è il mio sangue. Anche
quando il sangue delle mie vene sarà freddo, voglio che tu non
dimentichi tuo padre Charlie.
Non sono stato un angelo ma mi sono sempre impegnato ad essere un uomo.
Impegnati anche tu.
Ti bacio, Geraldine.
Tuo, Charlie.
Dicembre 1965.