In psicologia la paura del vuoto è definita “cenofobia”. Un altro termine che esprime lo stesso concetto è “Horror Vacui”.
La natura stessa si dice sia colpita da questa malattia che la porta a riempire gli spazi con quello che possiede in modo solido, liquido o gassoso: infatti, in natura, non esiste spazio che non contenga almeno uno di questi elementi.
L’uomo non può essere da meno e per questa ragione ha imparato non solo a riempire gli spazi fisici e domestici con oggetti e suppellettili, ma anche quelli relazionali con il linguaggio e gli scritti togliendo all’esistenza uno spazio fondamentale: quello del silenzio.
Il risultato è un “rumore” continuo, sia visivo che auditivo, che rende più difficile comunicare, capire e capirci.
Il filosofo Gillo Dorfles parla proprio di questo nel suo “Horror Pleni, la (in)civiltà del rumore”. Questa estate ho letto questo libro tutto d’un fiato e lo consiglio soprattutto a chi lavora negli ambiti della comunicazione.
La natura stessa si dice sia colpita da questa malattia che la porta a riempire gli spazi con quello che possiede in modo solido, liquido o gassoso: infatti, in natura, non esiste spazio che non contenga almeno uno di questi elementi.
L’uomo non può essere da meno e per questa ragione ha imparato non solo a riempire gli spazi fisici e domestici con oggetti e suppellettili, ma anche quelli relazionali con il linguaggio e gli scritti togliendo all’esistenza uno spazio fondamentale: quello del silenzio.
Il risultato è un “rumore” continuo, sia visivo che auditivo, che rende più difficile comunicare, capire e capirci.
Il filosofo Gillo Dorfles parla proprio di questo nel suo “Horror Pleni, la (in)civiltà del rumore”
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