Ognuno di noi ha dovuto, in vari modi
o forme, vivere il distacco da una persona cara, da un affetto o da una
situazione: la nostra capacità di reazione per far fronte a questo distacco fa la
differenza.
Nelle fasi della vita è pressoché
normale che avvengano rotture, divisioni, che si perda, per varie ragioni,
qualcosa di prezioso o che, più naturalmente, una persona cara muoia.
Il distacco fa parte della nostra
vita e ci aiuta a crescere e, per quanto doloroso sia, non viverlo fino in
fondo a volte ci impedisce di realizzare la nostra crescita e completare il
nostro percorso di maturazione.
La logica naturale ci invita in
molte situazioni a provare a riparare. È il caso di un litigio o di una
separazione dove, spesso, è in gioco ben più di un semplice sentimento o di una
simpatia perchè si deve fare i conti per esempio con i figli, con beni o
attività comuni. Ma il distacco dall’altra persona non significa necessariamente
perderli per cui, se ben analizziamo le cose, dipende solo dalla nostra
capacità e maturità saperli gestire in modo saggio.
Quando avviene una rottura sembra
che il mondo ci sia crollato addosso a tal punto da non saper valutare le
possibilità che si possono creare anche grazie a questo distacco.
Non lasciare andare le situazioni, a
volte, è indice di grande egoismo e immaturità: le situazioni non nascono da
sole, vengono coltivate spesso per anni e quello che si vive è solo il normale
esito di questa semina continua. Aggrapparsi disperatamente non solo ci fa
perdere la dignità, ma ci impedisce di realizzare proprio quella semina a cui
abbiamo dedicato in modo più o meno consapevole il nostro tempo e le nostre
energie.
La logica ci insegna a fare tutti i
dovuti tentativi, ma alla fine di fronte ad un rifiuto è bene non accanirsi,
proprio per il rispetto che dobbiamo a noi stessi e all’altro.
Non tutti siamo fatti per
condividere qualcosa in eterno e a volte il distacco si presenta come la
soluzione per evitare ulteriori conflitti, senso di colpa o autoflagellazioni.
Mi capita spesso nelle sessioni di
counseling o durante le formazioni esperienziali di ascolatare le storie di
distacchi dei miei assistiti; io per primo mi rendo conto di quanti distacchi
affettivi e professionali ho dovuto affrontare. La realtà è che, per quanto
dolorosi, hanno sempre costruito nuove possibilità e, in alcuni casi, anche
migliorato oltre alla mia vita anche quella dell’altro.
Molti maestri orientali insegnano a
vivere il distacco come un momento fondamentale per la vita e, si tratti di un
lutto, di una separazione, della rottura di un’amicizia o la perdita di beni
materiali, ci invitano a viverlo con attenzione e profonda capacità di
osservazione, a valutarne gli aspetti futuribili e a non soffermarsi sul dolore
del presente.
La logica è pensare non a ciò che si
lascia, ma a quello che si ha.
Anche se questo pensiero può
sembrare molto utilitaristico, sono proprio i maestri orientali ad insegnarci a
percorrere con la mente la strada a ritroso per renderci conto che ciò che
abbiamo è spesso il frutto di tanti distacchi collegati tra loro.
Spesso è il nostro orgoglio che non
vuole farci accettare il distacco anche perché facciamo fatica a riconoscerci in
una dinamica progressiva e futuribile.
Spesso le persone mi parlano di
piani comuni, di progetti a lungo termine che a causa del distacco si
interrompono bruscamente, ma mentre me ne parlano mi rendo conto che forse
questi progetti avevano importanza solo per loro e non per l’altra parte.
I kabbalisti pensano che nella vita
nulla succeda per caso e che anche dietro gli eventi più catastrofici ci siano
sempre dei piani ben precisi a cui possiamo prendere parte per costruire un
futuro migliore. Sta solo a noi riuscire a intravederli tra le nebbie,
condividerli chiedendo aiuto a chi pensiamo importante per noi in quel momento,
e soprattutto senza dare retta all’ego che ci nutre solo rimpianti e sensi di
colpa.
La nostra capacità di giudizio, se
siamo persone mature, ci permetterà sempre e in ogni caso di trovare soluzioni,
di provare a realizzarle per renderci più forti.
Questo vale anche per la perdita
fisica di una persona cara dove l’accettare il distacco come un evento naturale
significa entrare in una sfera cosmica ben più grande di noi.
Cosa fare allora di fronte al
distacco?
- Pensare a quante volte lo abbiamo vissuto e a tutto quello che in seguito è migliorato
- Cercare di ritrovare equilibrio, magari proprio nei confronti dell’altro
- Accettarlo come un momento particolare e non come una sconfitta
- Volere ritrovare la felicità e non considerare il tempo dedicato a quella persona o situazione come tempo perso: l’esperienza è il dono più grande che esista
- Vivere la tristezza del momento come un’emozione importante, ma non l’unica
- Pensare che la solitudine è solo un fattore mentale
- Vivere il tempo come un guaritore efficace
- Accettare l’idea che, in un modo o nell’altro, siamo tutti di passaggio e la differenza sta nel cosa lasciamo e nel come lo facciamo
La vita è un momento troppo breve
per soffermarci sul passato. C’è tanto presente da costruire e, un po’ come
dopo il passaggio di una guerra, sta a noi gettare le maschere, rimboccarci le
maniche e saper ricostruire con nuovo vigore e motivazione.
Il distacco non è una rinuncia, ma
un passaggio che, per quanto stretto e disagevole, ci aiuta a capire chi siamo,
a indentificare le nostre debolezze e renderci più forti.
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