C’è un piccolo dolore, sottile e quotidiano, che scivola nelle nostre giornate con l’aspetto di una notifica mancata: è l’attesa di una risposta che non arriva. Un messaggio inviato – magari con cura, con intento affettuoso o semplicemente umano – cade nel vuoto come una bottiglia nell’oceano.
Nessun segnale di ritorno. Nessuna eco.
Viviamo immersi in un sistema di comunicazione continua e, paradossalmente, ci troviamo a fare i conti con un’assenza costante dell’altro.
Dove sono finiti i destinatari dei nostri messaggi?
Questa piccola indagine non vuole essere un atto d’accusa, ma una riflessione tra psicologia, cultura, educazione e abitudini sociali.
Viviamo nella civiltà dell’istantaneità. Tutto avviene ora, subito, velocemente. Le menti sono sature di input, notifiche, alert, task da completare, richieste da filtrare.
In questa giungla digitale, un messaggio – soprattutto se non urgente – può facilmente perdersi.
Come scriveva Calvino: “La molteplicità è uno dei segni del tempo: troppe cose, troppi pensieri, troppe parole.”
E allora, non è cattiveria. È stanchezza cognitiva. È smarrimento. È dimenticanza.
Rispondere diventa un gesto carico di implicazioni emotive, e il rinvio si trasforma in silenzio.
Non è disinteresse: è insicurezza.
Spesso, chi scrive e chi legge non condividono la stessa percezione della relazione. Quello che per uno è legame, per l’altro è distanza.
In altre parole: non tutti occupano lo stesso spazio nei pensieri altrui.
La mancata risposta diventa allora una forma, consapevole o meno, di disinteresse.
Scrivere un messaggio è un gesto apparentemente semplice. Ma senza tono, sguardo, presenza, il testo diventa fragile soprattutto in ambito professionale.
In un contesto così disincarnato, il messaggio perde forza, diventa trascurabile.
Senza l’emozione che passa da un volto, le parole si svuotano.
È un silenzio che dice: “non voglio entrare in questa relazione, o in questo momento.”
La mancata risposta diventa allora una forma codificata di chiusura: brutale, ma comune
La risposta non arriva, ma non perché non arriverà mai. Solo non adesso.
Rispondere a un messaggio è un piccolo atto di rispetto, di riconoscimento, di civiltà. Chi non lo fa – sistematicamente, consapevolmente – sta negando l’esistenza dell’altro.
Scriveva Simone Weil: “L’attenzione è la forma più rara e pura di generosità.” Rispondere a un messaggio è, in fondo, un gesto minimo di attenzione
E forse, in questa epoca rumorosa e frenetica, è un atto silenzioso di resistenza umana.
- Bauman, Z. (2013). Amore liquido. Sulla fragilità dei legami affettivi. Laterza.
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Weil, S. (2019). Attesa di Dio. Adelphi.
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Calvino, I. (1993). Lezioni americane. Garzanti.
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Turkle, S. (2020). Reclaiming Conversation. Penguin Books.
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Goleman, D. (2021). Intelligenza emotiva. BUR.
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