Abbiamo
tutti ambizioni e sogni nascosti. Li coltiviamo sin da piccoli sperando, un
giorno, di diventare grandi medici, astronauti o campioni dello sport. Poi la
vita ci riserva altre prove, altre gare e siamo costretti a scegliere, spesso
ad abbandonare i nostri sogni o a dimenticarcene. Altre volte succede che
riversiamo sugli altri quelli che riteniamo i nostri "fallimenti",
pretendendo da loro il massimo per raggiungere, attraverso il loro sforzo, il
coronamento dei nostri sogni.
Per rendersene
conto basta sentire le mamme quando parlano della carriere scolastica dei figli
o quando i papà li incitano nelle partite domenicali di calcio; molti genitori
mi raccontano di quanto stress accumulino per il sovrannumero di impegni dei
loro figli: bisogna accompagnarli in palestra, alle lezioni di pianoforte o di
inglese, al corso di tennis.
Il
caso di cui si parla in questo articolo è
solo la punta di un iceberg. Ogni famiglia è sempre più orientata a "dare
quello che non ho potuto avere", oppure a "mi sarebbe piaciuto tanto
alla sua età poter fare…"; pochi genitori però si chiedono se le loro
passioni sono condivise e se le loro aspirazioni coincidono con quelle dei
figli.
Offrire
le possibilità è il dovere di ogni buon genitore, ma poi riusciamo ancora ad
accettare un "no, papà io voglio fare altro"?
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