Luciano Floridi |
Ho avuto modo, diverse volte in questo blog e in
altre situazioni, di parlare della "fuga dei cervelli". Il fenomeno è
noto a tutti: sono moltissimi gli italiani all’estero che ora guidano gruppi di
ricerca in università prestigiose, che dirigono aziende importanti, che si
distinguono per opere che lasciano il segno e vengono riconosciute in tutto il
mondo. Solo allora ci si ricorda che sono italiani, se ne parla con orgoglio,
se diventano famosi si intervistano i vicini, i vecchi compagni di scuola, la
maestra se è ancora viva...
Ma nessuno, in Italia, mentre sgomitavano per
fare capire che avevano delle idee avrebbe investito su di loro: sempre un po' troppo
sognatori o troppo pratici, un po' troppo individualisti o troppo illuminati, nessuno
in questo Paese di case arroccate sulle colline o perse nelle pianure li ha
saputi notare. E sono tanti e sempre in aumento.
Stavolta il caso di Luciano
Floridi (qui, qui e qui gli approfondimenti) tocca ancora più direttamente le corde del mio cuore
perchè Luciano non è un ingegnere o un genio dell'informatica, nè un brillante scienziato,
ma è un eminente filosofo della logica, uno insomma pagato “per pensare”. E come
succede nelle favole questo pensatore fa carriera a tal punto che per fare il
suo lavoro gli viene "inventato " un posto, un posto per
"pensare".
Abbiamo bisogno di riparametrare tutto e capire
quello che realmente vogliamo. Fino ad allora dei nostri fasti rimarrà solo un
vago ricordo fatto solo per alimentare i soliti sbruffoni: è l’immagine di un povero
Paese che presto importerà tutto pagando molto caro anche quello che si è
lasciato scappare via.
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