L’articolo che
vi propongo oggi di leggere è tratto da Corriere Club Della Lettura e ci porta a riflettere
su un semplice fatto: sappiamo ancora osservare? A quanto pare no e le nuove
tecnologie ne sono complici.
Sebbene gli schermi di
cinema e televisione siano sempre più grandi è sotto gli occhi di tutti che smartphone
e i tablet, con le dimensione ridotte dei loro schermi, ci portano a perdere un
terzo della nostra capacità di osservazione di 140° che la natura ci ha donato.
Se apparentemente questo non sembra essere un problema lo diventa se analizzato
dal punto di vista antropologico: guardare sempre più in piccolo ci chiude
in noi stessi e ci impedisce quel fattore importante che è la condivisione
della visione. Avete mai provato a guardare un video sul vostro cellulare in gruppo?
La maggior parte dei dettagli viene completamente persa e rimane solo una
sintesi del tutto: l’azione. Molti ora diranno che questo è un bene:
focalizzarsi sul succo del contenuto risparmia tempo. Peccato che la capacità
di osservazione a spettro più ampio permetta di osservare e quindi di
considerare fatti e situazioni in contesti più ampi, più completi. E’ proprio
grazie ai dettagli che riusciamo ad ottenere maggiori informazioni per
risolvere qualsisi tipo di problema.
Addestrarci ad osservare
nel piccolo ci abitua, come evidenziato nell’articolo, a focalizzare lo sguardo
solo su pochi aspetti che, pur fondamentali, rendono la capacità di
elaborazione parziale. Aprire lo sguardo, quindi, significa aprire la mente,
avere idee più elaborate, sapere vedere oltre noi stessi e comunicare quindi in
modo più appropriato ed efficace. Impariamo di nuovo a osservare a 140° e forse
vedremo anche le verità che ci si prospettano con nuovi occhi e, grazie a
questo, saremo più liberi.
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