domenica 4 novembre 2007

Lavori sporchi

Lo spunto per il post di oggi nasce da due fonti diverse: il libro “Cento lavori orrendi” (di Dan Kieran ed. Einaudi) e un servizio della trasmissione radiofonica “Dispenser” (Radio2, ore 20:30) .
L’argomento è comune: i lavori sporchi e persone che li devono fare.
Sembra impossibile, ma in un mondo ipertecnologico e apparentemente asettico c’è chi per campare deve raccogliere palline da golf in uno stagno infestato da alligatori, pulire il guano degli uccelli o raccogliere gli animali morti lungo le strade.

Dan Kieran scrive che “se siete convinti che il vostro lavoro sia il peggiore, questo libro potrebbe farvi ricredere. Cento lavori che nell’immaginario collettivo non vengono considerati poi così male, ma che si rivelano una vera e propria tortura”. L’autore li divide in sei categorie differenti: pericoloso, inutile, alienante, umiliante immorale, disgustoso.

Invece Dispenser ci parla di una serie di documentari televisivi iniziati nel 2003 dal titolo “Dirty Jobs” : ecco quindi l’allevatore di vermi, il raccoglitore di escrementi di pipistrelli e il pulitore di strade. Vedere questa trasmissione richiede senz’altro un certo stomaco ed il risultato è che per contrasto, molti vedono meno negativamente il proprio lavoro.

Quando faccio formazione sento sempre tante lamentele. Una frase abituale è: “Non è compito mio…”. Vedo ragazzi all’inizio di una promettente carriera poco disposti ai sacrifici, a scapito di altri che magari hanno dato anche fin troppo, ma che per una beffa del destino o troppa specializzazione non riescono a collocarsi in nessun ruolo. Mi viene sempre in mente una brillante laureata in archeologia costretta a fare la cassiera in un supermercato girando di punto vendita in punto vendita a seconda delle necessità del momento. Ho avuto modo, anni fa, di fare della formazione ai minatori del Sulcis, in Sardegna: è un lavoro duro, quasi anacronistico per i nostri tempi così tecnologici.

Ma diventa un lavoro sporco anche quello di chi è costretto a vivere di contratti a tempo determinato. Di contratto in contratto il tempo passa togliendo la possibilità di costruire un presente e tantomeno un futuro. Resta la consolazione, molto magra, di non essere a pulire gli escrementi degli animali dello zoo, ma in qualche ufficio penso che ciò che si prova nell’anima sia la stessa profonda rassegnazione.

C’è sempre un aspetto che mi colpisce in chi fa “lavori sporchi o umili”: una grande dignità personale. Dietro queste persone ci sono sempre grandi sforzi, miseria, ribellione, voglia di credere in una vita diversa.
Dovrebbe essere una lezione di vita per tutti coloro che al primo colloquio di lavoro chiedono di benefits e ferie e nemmeno si rendono conto di quali “lavori sporchi”ci possano essere in giro. È un discorso che faccio spesso ai neo assunti quando gli offro prospettive di carriera, formazione, crescita professionale. Spero sempre che qualcuno non mi risponda chiedendomi se il caffè alla macchinetta è gratis.

1 commento:

Anonimo ha detto...

Ciao Paolo,
sono d'accordo con la tua affermazione, quando mi capita di fare selezione di nuovi agenti, consulenti, collaboratori ecc. la prima domanda che mi viene rivolta e' la seguente : Quanto guadagno? La seconda : Quali ferie ? Insomma veramente poca disponibilita'! Complimenti e buon lavoro.
Marco [comfort zone]