domenica 19 aprile 2009

La formazione esperienziale di Robinson Crusoe

Ho appena letto un interessante articolo tratto dal Financial Times
dove si parla di alcuni libri pubblicati di recente che raccontano l’esperienza della solitudine e del silenzio così com’è stata vissuta in prima persona dagli autori.

L’esperimento ha radici lontane: Robinson Crusoe, naufrago sull’isola è forse uno degli esempi più conosciuti. Nella costrizione del silenzio dell’isola, Robinson, una volta ritrovato se stesso, si organizza e ricostruisce con i mezzi a sua disposizione un’intera vita.

Che dire? Il silenzio aguzza l’ingegno, dona saggezza e ci fa sentire bene con noi stessi? Penso di sì.
Con Abbey Programme® ho potuto notare che il silenzio “penetra” nei partecipanti con l’avanzare del corso facendoli sentire sempre più a loro agio. Del resto viviamo nella società del “pieno” (iperattività, relazioni sociali e di lavoro, suoni, stimoli continui) per cui abituarsi ai “vuoti” (silenzio, introspezione) è un esercizio difficile, per alcuni impossibile.
All’inizio del corso sono costretto ad imporre il silenzio, spesso lo devo richiamare, ma via via che il tempo passa le persone imparano prima a parlare sottovoce, poi a parlare solo nei momenti strettamente necessari.

La fase 3 di Abbey Programme® è tutta impostata su silenzio, riflessione e autoanalisi: l’epilogo insomma di una formazione esperienziale che deve aiutare le persone a trovare la loro via, le loro soluzioni pratiche per la vita di tutti i giorni. E sempre avviene che, come Robinson, anche i miei partecipanti, alla fine, imparano a non sentirsi così soli sull’isola deserta, ma al centro di un mondo intero.
E voi come vivete il silenzio?

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