martedì 21 dicembre 2010

Uomini di Dio


Otto uomini di varie età vivono da anni in Algeria coltivando la terra e producendo miele. Il fatto che siano monaci cristiani in terra musulmana non è per loro un problema come non lo è per gli abitanti del vicino villaggio che, da sempre, li considerano un sostegno e parte integrante della loro vita. 

Le cose iniziano a cambiare quando frange estremiste islamiche iniziano a seminare violenza in tutta l’Algeria per impossessarsi con la forza del potere politico. Il Governo, visto il rifiuto dei monaci ad accettare una protezione armata, li invita a ritornare in Francia, il loro Paese d’origine. 
Ed è qui che le prime divergenze si aprono nella piccola comunità monastica: alcuni hanno paura e vogliono partire, altri invece sono determinati a restare. 

Nella dinamica lentezza del lavoro, della preghiera e dei solidi rapporti con la gente del villaggio, alla fine tutti decidono che il loro posto è lì. Moriranno da ostaggi per un negoziato che non va in porto con il Governo Francese (non perché monaci e cristiani, ma perché francesi) e, sulla loro morte, regna ancora il mistero di come siano andati i fatti.

Ho visto questo film di Xavier Beauvois (premiato al Festival di Cannes 2010) nei giorni scorsi, attratto dalla mia passione per il mondo monastico e per lo stile di vita che ne deriva. L’ho trovato un film bellissimo in cui si mostra tutta l’umanità di questi uomini dediti alla loro missione senza farne necessariamente degli eroi e senza sminuire il valore dell’Islam da una parte o la sua esasperazione dall’altra. 

Dio, infatti, è di tutti, tanto dei monaci, quanto dei loro assassini, quanto degli abitanti del villaggio.
Da non perdere

domenica 19 dicembre 2010

Toccare con le mani e toccare con la mente

Il Dr. John A. Bargh dell’Università di Yale è giunto alla conclusione che "Il vecchio concetto del dualismo mente-corpo si dimostra completamente falso. La nostra mente è profondamente e organicamente connessa con il nostro corpo" e lo dimostra con la serie di ricerche ed esperimenti sul campo che potete leggere in questo articolo e in quest'altro.

Devo confessarvi che anch’io, nel mio piccolo, ho fatto delle prove e mi sono accorto che le persone sono più concentrate quando, per i miei esercizi di Counseling utilizzo computer o strumenti tecnici mentre sono più rilassate quando parliamo ad esempio a piedi scalzi; altre persone invece si concentrano tenendo in mano e giocherellando con una penna o una molletta per capelli.

Le sensazioni che riceviamo attraverso le mani o i piedi sono sempre particolarmente interessanti perché cambiano il nostro modo di rapportarci alla risoluzione di un problema. Per questo motivo è utile crearci dei riti “tattili” che ci aiutino ad essere più propositivi. Forse non basta vedere il bicchiere mezzo pieno, ma vale la pena sentirlo, carezzarlo, toccarlo con le dita.
Nell’infinita varietà di “coperte di Linus” che ognuno di noi si è creato col tempo, le mani ci dicono come reagire alle situazioni anche dove non è possibile metterci “il dito”.

giovedì 16 dicembre 2010

Pensiero del fine settimana

"Lo scopo principale della vita deve essere lo sviluppo completo dell'uomo e non le cose, la produzione, la ricchezza o gli averi; lo stesso processo vitale deve essere visto come un'opera d'arte. La vita è il capolavoro di un singolo individuo che deve mirare al massimo di forza e crescita".

martedì 14 dicembre 2010

Counseling: superare lo steccato delle scienze economiche

I paramenti delle scienze economiche sono spesso utilizzati per misurare la qualità nostro benessere. Oggi sono convinto che questo è insufficiente e cerco di spiegare il perché nel mio ultimo articolo pubblicato da Brain Factor scaricabile qui.

In questa situazione è il Counseling che può aiutarci perchè evidenzia e ci aiuta a capire quali sono le nostre aspettative, a misurarci con i nostri obiettivi, ad essere insomma più soddisfatti di noi stessi prevenendo lo stress che si genera quando non si riesce ad avere qualcosa.

domenica 12 dicembre 2010

Misurare la felicità

Oggi voglio commentare un articolo apparso sul Corriere della Sera dal titolo "L'indice di felicità al posto del PIL" .

Quello che è interessante notare è che anche i governi incominciano ad accorgersi che la felicità delle persone non è data solo da quanto producono o da quanto incamerano.

Il PIL non misura la felicità, molti altri fattori entrano in gioco, la difficoltà sta nel quantificarli.
Quando le aspettative delle persone si traducono in risultati, il grado di felicità è molto alto: si può essere felici per una cena ben riuscita come per un buon affare andato in porto. L’importante è sempre misurarsi con la realtà e sapersi destreggiare tra i mille desideri indotti che ci vengono proposti quotidianamente.

Non è necessario avere tutto per essere felici, ma come ci insegnano i maestri zen e i saggi dell'antichità, saper dare valore a ciò che abbiamo e capire ciò che siamo in grado di costruire per noi e per gli altri.

Quando il metro di misura si trasforma da “economico” a “umano” tutto cambia perché, in fondo, ricchi, potenti, o uomini comuni, tutti saremo ricordati per quanto abbiamo saputo dare e fare per gli altri