C’è una domanda che si insinua in certi silenzi interiori, nelle notti insonni, nei dolori senza nome e nei giorni che sembrano vuoti anche se pieni di impegni: mi sto distruggendo da solo?
È una domanda antica e moderna, un interrogativo che attraversa l’essere umano
da quando ha acquisito consapevolezza di sé, da quando il pensiero ha
cominciato a scavare nelle profondità dell’anima, come la goccia d’acqua che
scava la roccia non per distruggerla, ma per cercare un passaggio.
La psicologia contemporanea ha dato un nome a questo fenomeno: autosabotaggio.
È un meccanismo inconscio attraverso il quale l’individuo ostacola la propria crescita, felicità o salute. Agiamo contro noi stessi: scegliamo relazioni tossiche, procrastiniamo obiettivi importanti, ci puniamo con sensi di colpa eccessivi o ci rifugiamo nel perfezionismo come forma di autodegradazione.
In termini psicoanalitici, questo può essere legato a un “super-Io” troppo severo (Freud), che impone un ideale irraggiungibile e punisce ogni deviazione. La psicologia cognitiva lo descrive come frutto di schemi mentali distorti, di credenze limitanti acquisite nell’infanzia. La psicologia umanistica, da Carl Rogers a Maslow, parla invece di una disconnessione tra sé reale e sé ideale, una frattura dell’autenticità.
E' però nella filosofia, e nelle medicine tradizionali orientali, che questo interrogativo si fa eco cosmico, radicandosi nel destino umano e nel suo legame con l’universo.
“Colui che non trova la pace in se stesso, sarà in guerra con il mondo.”— Mahatma Gandhi
La Medicina Tradizionale Cinese (MTC) non considera la malattia come semplice disfunzione biologica, ma come disarmonia.
L’uomo, microcosmo nel macrocosmo, è un sistema energetico in equilibrio dinamico. Quando l’equilibrio si rompe — tra Yin e Yang, tra organi Zang e Fu, tra emozioni e pensieri — si genera la malattia. Ma anche qui, come nella psicologia moderna, l’origine è spesso interna.
Il fegato (Gan), secondo la MTC, è l’organo che più risente delle emozioni represse: rabbia, frustrazione, ma anche incapacità di dare direzione al proprio Qi (energia vitale).
Il cuore (Xin) è la sede dello Shen — lo spirito. Uno Shen turbato può causare insonnia, ansia, perdita di scopo. Non a caso, nei testi antichi si legge: “se il cuore è in pace, tutto il corpo è in pace.”
In questo quadro, l’autodistruzione è la manifestazione energetica di un'anima che ha perso la via del Tao, la “Via naturale”.
L’essere umano, sordo alla propria natura, rompe la comunicazione col Cielo e si ammala.
“L’uomo è infelice perché non sa di essere felice.” — Fëdor Dostoevskij
C’è qualcosa di profondamente ironico nell’autodistruzione umana. Ci si danneggia per inseguire ideali di perfezione, amore, potere, bellezza. Come Sisifo, condannati a far rotolare un masso che non ci appartiene, ci logoriamo nell’inseguire ciò che già ci abita.
Nietzsche parlava di un’umanità ancora “non nata”, incapace di diventare “oltre-uomo” perché schiava della morale, della colpa, delle convenzioni, ma è proprio qui che Oriente e Occidente si incontrano: nella consapevolezza che la liberazione non viene dall’esterno.
Il Daodejing di Laozi insegna: “Chi conosce gli altri è intelligente, chi conosce sé stesso è illuminato. Chi vince gli altri è forte, chi vince sé stesso è potente.”
In altre parole: l’autodistruzione non è che l’ombra della mancata autoconoscenza. Finché l’essere umano resta cieco ai propri movimenti interiori, sarà vittima delle sue stesse illusioni.
“Il corpo è il teatro delle emozioni.” — Antonio Damasio
Il corpo non mente. Quando ci stiamo distruggendo, lo sappiamo — non sempre con la mente, ma con le ossa, con la pelle, con lo stomaco. Le tensioni croniche, le patologie psicosomatiche, la stanchezza che non passa, sono espressioni viscerali di un conflitto profondo.
In MTC si osservano i segni sul viso, sulla lingua, nei polsi, ma anche senza strumenti antichi, chiunque può accorgersi che l’autosabotaggio ha un corpo. Eppure, la medicina occidentale spesso lo ignora, scindendo corpo e mente. La medicina integrata, oggi, cerca di ricollegare i fili: MTC, mindfulness, psicologia somatica, neurobiologia della consapevolezza.
“Dove c’è pericolo, cresce anche ciò che salva.” — Friedrich Hölderlin
Guarire non significa eliminare il dolore, ma comprenderlo. L’autodistruzione può essere un messaggio evolutivo. Ci segnala che stiamo vivendo contro la nostra natura, che ci manca una direzione. In MTC si direbbe che il nostro Mandato Celeste (Ming) è stato dimenticato. In psicologia junghiana, che non abbiamo integrato l’Ombra.
Il punto di svolta non è mai solo terapeutico. È esistenziale. È lo stesso punto toccato da Siddhartha sotto il fico sacro, o da Dante nella selva oscura, quando riconosce di essersi smarrito. La consapevolezza del male è già l’inizio della via.
L’autodistruzione è spesso una forma di lotta interiore mal direzionata. Ma se impariamo a guardarla, a decifrarla come messaggio del nostro Shen, possiamo trasformarla in una via di risveglio.
L’Oriente ci insegna la via del Vuoto, del non-agire (wu wei), dell’armonia.L’Occidente ci consegna il pensiero critico e la ricerca di senso.
Unendo i due, forse possiamo imparare l’arte di non
distruggerci, di ascoltarci, di guarire.
Vuoi sapere se ti stai autosabotando e come? parliamone!
Bibliografia essenziale
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