Si può superare questa pandemia con un femore rotto? A quanto pare si.
Nei miei studi antropologici ricordo di aver letto un episodio successo
durante una lezione di Margaret Mead, nota antropologa statunitense.
Al termine
di una sua conferenza le fu chiesto quale fosse stato a suo parere il primo
segno di civiltà dell’esistenza umana.
Mentre tutti si aspettavo la descrizione di qualche utensile
particolare, di una produzione agricola specifica o di una tecnica di allevamento
o anche solo della scoperta della ruota, la Mead parlò di un femore rotto.
Cosa c’entra un femore rotto come esempio di civiltà? Molto.
In natura quando un animale è ferito rischia di essere predato: se non
guarisce in fretta le sue possibilità di sopravvivenza sono limitatissime.
Immaginate poi se questo animale avesse un femore rotto. Questo
significherebbe non potersi muovere, di conseguenza non potersi cibare ed
essere ancora più vulnerabile.
Il primo esempio di civiltà è stato un “femore rotto guarito”.
Perché?
Perché significa che qualcuno durante la degenza si è preso cura di quel
malato con il femore rotto, si è procurato il cibo e glielo ha preparato, lo ha
accudito, lo ha difeso dalle intemperie e dalle difficoltà di ogni genere.
Covid 19 con un femore rotto.
Questa pandemia ci ha trovati impreparati lasciandoci sbigottiti,
attoniti, impauriti: siamo tutti con un femore rotto.
Per questo abbiamo tutti bisogno di quella civiltà, di quel femore
rotto guarito descritto dalla Mead: prenderci cura con le nostre possibilità e
capacità non solo di noi stessi, ma anche degli altri.
Solo così potremo sopravvivere.
Non è impossibile.
In questi pochi giorni ho sentito di aziende che si
sono riconvertite per produrre e offrire prodotti necessari al combattere
l’epidemia, sarte che regalano mascherine cucite al posto di camicie o vestiti,
artigiani di ogni genere prestare opera gratuita nel costruire posti letto,
volontari portare aiuto agli anziani, sanitari rientrare dalla pensione…
Questo è il vero femore rotto guarito: darsi da fare nel nostro piccolo
per aiutarci a ripristinare la vita.
Ogni tanto mi affaccio alla finestra. Ho sempre adorato il silenzio, lo
sapete. In questi giorni il silenzio dalla mia finestra è rotto dal pianto di
un neonato: mi dà speranza.
“TI ASCOLTO, PARLAMI”
servizio di counseling gratuito emergenza
COVID19
Paolo G. Bianchi
cell. 328 8755091
skype: paolo giuseppe bianchi
Lomazzo
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