giovedì 28 giugno 2007

Pensiero del fine settimana

L’etica non è la dottrina che ci insegna come essere felici,
ma quella che ci insegna come possiamo fare
per renderci degni della felicità
Immanuel Kant (1724 – 1804)

martedì 26 giugno 2007

Samurai Lab®: intervista

“Incentivare”, l’unica rivista italiana specializzata nelle tecniche di motivazione aziendale ha pubblicato nel numero di maggio un dossier di Ofelia Figus su Samurai Lab®.

Potete scaricarlo interamente da qui.

Grazie Ofelia per la possibilità che mi hai offerto di parlare ancora una volta di Samurai Lab®.

giovedì 21 giugno 2007

Abbey Programme® 17/19 giugno

Martedì scorso, 19 giugno ero all'Abbazia di Praglia (Padova) con i partecipanti al corso Abbey Programme®.
Qui sopra ci potete vedere nella classica foto di fine corso in compagnia del Padre Abate.
Lascio ora la parola ai partecipanti per descrivere le loro impressioni sull'esperienza appena conclusa.

"La sensazione più chiara che ho percepito è di umiltà ed eguaglianza con uno spiccato senso della fede e del non ozio. Mi ha colpito la massima programmazione per non avere stress. La mia impressione è che nella società non si possa attuare completamente uno stile vita di questo genere. Sicuramente si possono prendere spunti per non ritrovarsi nell'anarchia. In una realtà imprenditoriale già avviata può essere duro inserire il rispetto delle regole cosi inquadrato e rigido, ma spero di riuscire a trasmettere ai nostri collaboratori che il rispetto delle regole porta a loro molte migliorie.
Alcuni momenti come la cena sono stati di grande difficoltà, perché non sono abituato al silenzio, ma mi ha dato la possibilità di capire che ascoltare di più e parlare meno può servire a riflettere prima di agire".
Valerio, imprenditore e consulente d’immagine,
Salone MV - Correggio


"Questo corso ci ha insegnato che ci sono molti punti in comune tra la nostra quotidianità e la vita del monastero soprattutto per gli aspetti della gerarchia, delle regole e della dedizione che si deve avere in tutto. Il corso è stato molto duro, ma veramente istruttivo. Ne usciamo rafforzate nello spirito d’impresa, più sicure e collaborative: ci sentiamo insomma molto più forti".
Anna e Simona,
imprenditrici e consulenti d’immagine,
Salone Anna - Borgo San Dalmazzo (Cuneo)


"In questi tre giorni di Abbey Programme® ho capito che l’irraggiungibile è sempre più superfluo: fuori dall’abbazia cerchiamo continuamente questo superfluo quando l’essenziale nella vita è ben altro. Il silenzio ti parla e in questo luogo riesci ad ascoltarti fino in fondo. Grazie Paolo, non posso fare altro che ringraziarti di questa splendida esperienza di formazione che è servita sia per la mia attività che per il mio Io".
Mariangela, imprenditrice e consulente d’immagine,
Salone MV - Correggio


"Mi ritengo atea, ma partecipare ad Abbey Programme® in questa Abbazia mi ha rasserenata. Mi sono sentita accolta con il cuore, con un amore incondizionato. Tutto questo mi ha fatto decidere di ritornarci per trovare quella pace che molte volte è difficile vedere. Grazie Paolo per questa illuminante esperienza di formazione".
Manuela, geometra libero professionista,
Novedrate (Como)


"Abbey Programme® non è solo un corso per crescere professionalmente, ma anche un momento di riflessione personale. Esco da questa Abbazia con fiducia verso il futuro e serena nell’anima. Invito tutti a fare questa esperienza indimenticabile".
Gabriella,
insegnante corsi di cucina “Peccati di Gola”, Udine

"Abbey Programme® e i benedettini mi hanno dato una nuova luce".
Arnaldo, Direttore del Personale,
Nuovo Istituto Italiano d'Arti Grafiche S.p.A.
- Part of Bertelsmann Group - Bergamo



Infine voglio proporvi un pensiero di Padre Norberto che così descrive Abbey Programme®

"Abbey Programme® è un'esperienza pienamente spirituale, umana e culturale: una piccola finestra sul chiostro della vita per contemplare il senso del cammino nell'orizzonte infinito della speranza, ascoltando il silenzio del cuore nella comunione della Parola".
P. Norberto, Abate Abbazia di Praglia - Padova

martedì 19 giugno 2007

Le parole e il loro valore

“A volte le parole cominciano ad avere un significato del tutto indipendente dai fatti, un significato che non conduce più all’origine, alla curiosità, all’emozione di quei fatti”. Ho trovato questa frase su “Quaderno del Vajont” di Marco Paolini e mi ha colpito molto.

Tante volte, quando facciamo formazione, mi accorgo di come ripetiamo frasi e parole lasciando che sia la routine a prendere il sopravvento sulle emozioni e sulle situazioni. Allora i protagonisti della formazione non sono più le persone, ma il piano didattico, le parole che il formatore dice, ma alle quali nemmeno lui crede. In queste situazioni le persone perdono fiducia in quello che stanno facendo e tutto diventa tempo perso per tutti.

Dobbiamo tornare al valore delle parole. Anzi, per dare loro maggiore valore, adoperiamo un po’ di sano silenzio. Lasciamo che siano gli altri a parlare e usiamo il nostro lavoro di formatori solo per dare l’esempio e orientare. Lasciamo alle parole il loro vero compito – insegnare - e prendiamoci il nostro, di creare cioè silenzio in modo che le persone possano usarle per comunicare veramente.

domenica 17 giugno 2007

Il potere logora la capacità di ascolto

Un articolo pubblicato quest’anno su Corriere Salute mi dà lo spunto per il post di oggi.
Adam Galinsky insieme ad un gruppo di ricercatori della New York University e di Stanford, ha carcato di misurare la capacità dei manager di immedesimarsi nei propri interlocutori. Galinsky ha scoperto che i capi ascoltano molto poco e sono poco insensibili ai bisogni altrui. Il test usato da Galinsky è semplice e spesso lo utilizzo anche nei miei corsi. Basta scrivere una “E” immaginaria sulla propria fronte. Se la “E” è leggibile dagli altri significa che siamo dei buoni ascoltatori; al contrario siamo concentrati solo su noi stessi. I manager, purtroppo, rientrano spesso in questa categoria.

In Abbey Programme® faccio sempre notare che la prima parola della Regola Benedettina è proprio: “Ascolta”. Allo stesso modo, nelle arti marziali l’insegnamento all’ascolto delle proprie energie è fondamentale come sa chi ha partecipato a Samurai Lab®. Gli antichi samurai affinavano talmente l’ascolto da essere pronti a combattere bendati.

Faccio sempre provare le varie esperienze d’ascolto con test e giochi e ne emerge sempre una grande disattenzione: siamo talmente presi da noi stessi da dimenticarci di ascoltare veramente. “Penso già alle risposte mentre mi fanno le domande” mi diceva un manager durante un corso. Non sempre bisogna dare una risposta immediata e spesso le risposte sono già nelle domande, basta ascoltarle.

Prima di ogni formazione è importante chiedere alle persone cosa si aspettano. Se non ascoltiamo le necessità di chi lavora per noi, presto questi collaboratori ci lasceranno cercando miglior fortuna altrove.

Un monaco dell’Abbazia di Praglia mi ha insegnato: “Ascolta molto e con tutto te stesso, parla poco, così eviterai di dire sciocchezze, e quando parli fallo sempre col cuore”.

martedì 12 giugno 2007

Formazione in aula o esperienziale o outdoor, o a distanza o altro? – 2

La formazione esperienziale
"Perché chiudermi tre giorni in monastero? Perché provare ad usare una spada giapponese? Quali insegnamenti potrà mai avere il codice d’onore dei samurai? Cosa vuol dire “ora et labora nel 2007?"
Queste sono le domande che ogni persona si pone prima di frequentare Abbey Programme® o Samurai Lab®, i miei due corsi di formazione esperienziale.
Queste domande sono tutte riassumibili in una: che senso ha provare a fare un’esperienza apparentemente lontana dal mio mondo perché qualcosa possa cambiare nel mio modo di pensare e lavorare?

Il sociologo americano Ronald Burt, nella sua teoria sui “Buchi Strutturali”, sostiene che le persone che vivono all'intersezione di mondi sociali hanno la più alta possibilità di avere buone idee perché la creatività è un gioco di import-export che si concretizza più facilmente per chi si trova in prossimità di “Buchi Strutturali” cioè ci si trova al limite del solito terreno d’azione esposti in ambienti socialmente e strutturalmente diversi.
Il gioco è riportare nel proprio ambito quelle soluzioni e possibilità che si ha avuto modo di sperimentare al di fuori del solito “network sociale”. Trovo che in questi studi c’è la conferma della bontà del metodo esperienziale nella formazione.

Sono anni che mi occupo di formazione esperienziale e per esempio, ultimamente, ho trovato un direttore del personale che impegnato nella crescita professionale di un gruppo di giovani dirigenti mi chiedeva proprio un progetto Abbey Programme® con l’obiettivo di “pensare insieme in un modo nuovo”.
L’intento è quello di fornire alle persone uno spazio di riflessione, un confronto con un modello inedito, la possibilità di trovare idee alternative e una volta tornati in azienda creare le condizioni per applicarle.

La formazione esperienziale richiede sempre uno sforzo in più: mettersi in gioco fino in fondo, sapendo che non c’è niente da perdere, ma solo da guadagnare. Non serve avere grandi obiettivi se non si è pronti a volerli raggiungere, ma idee su cui pensare e lasciare che il resto scaturisca spontaneo dal fare esperienza con gli altri, magari proprio in situazioni che mai ci saremmo aspettati, ma che mettono alla prova il nostro io più profondo rendendolo migliore.

domenica 10 giugno 2007

Formazione in aula o esperienziale o outdoor, o a distanza o altro? - 1

Formazione in aula: scena prima.
I partecipanti sono pronti e schierati come auto da corsa sulla linea di partenza: seduti ai loro posti osservano tra il dubbioso e l’annoiato il formatore che tenta di socializzare e renderseli amici. Blocco aziendale per gli appunti, matite e penne completano la scena e la rendono perfetta perché ben allineate dietro al cartellino con il nome del partecipante. Fa caldo, ma di togliere la giacca e la cravatta non se ne parla nemmeno, quando si va in scena lo si fa fino in fondo…
Viene distribuita la dispensa e inizia la lunga esposizione dei titoli accademici del formatore che declamerà gli obiettivi da raggiungere: sembra Mosè che elenca i 10 comandamenti. Dall’altra parte, tutti, a bocca aperta annuiscono concordi. Ecco la prima delle interminabili slides, chi sopravviverà avrà un premio… magari un’altra formazione…

Questo rito è noioso e rende la formazione tradizionale odiata da tutti. Ogni partecipante si aspetta sempre lunghe dissertazioni spesso indiscutibili e nozioni complesse, ma coreografiche.

Credo tuttavia che la formazione in aula sia fondamentale, che non possa mai essere soppiantata del tutto. A questo punto significa fare di tutto per non farla assomigliare a una tortura. Il trucco? Basta rendere protagonisti i partecipanti, mettersi in secondo piano, lasciare a loro lo spazio per parlare di loro stessi, dei loro problemi e lasciarli trovare soluzioni concrete insieme. Una volta ho chiesto ad un gruppo se erano pronti a divertirsi per un paio di giorni. Erano tutti stupiti: certo si può imparare divertendosi, i bambini lo fanno per diventare adulti perché non possono farlo i manager per diventare più consapevoli?
La parola d’ordine è coinvolgere e tutto quello che serve è spegnere il computer e parlare con la gente. Bisogna rendere umano il nostro mestiere. Del resto la formazione è lo strumento base della Gestione delle Risorse Umane: rendiamola veramente tale.

giovedì 7 giugno 2007

Pensiero del fine settimana


Consiglio agli uomini a non riflettere tanto su ciò che devono fare, ma piuttosto a pensare a quello che devono essere

Meister Eckhart (1260 – 1328)




martedì 5 giugno 2007

Preparsi alla battaglia

L’agenzia pubblicitaria BBDO in una ricerca globale ha individuato i 5 rituali che scandiscono la quotidianità delle persone in tutte le parti del mondo: il primo è stato definito “prepararsi alla battaglia”.
Al di là del valore della ricerca per i responsabili marketing, la notizia mi offre lo spunto per commentare quel “prepararsi alla battaglia” che di solito sviluppo nei miei corsi Samurai Lab®.

Cosa si nasconde dietro quei piccoli gesti che tutti compiamo prima di affrontare la giornata lavorativa, quanto incidono sul nostro modo di lavorare, quanto determinano i nostri successi e insuccessi?
C’è chi compie il rito della doccia per caricarsi e quindi essere predisposto ad affrontare il campo di battaglia con una sorta di “pulizia del corpo e dell’anima”; chi si dedica al trucco rendersi più piacevole o più aggressivo a secondo delle necessità; chi sceglie in modo appropriato l’abito, la camicia, la cravatta e chi affronta l’altezza dei tacchi a seconda della riunione o del meeting. Alcuni fanno ginnastica appena svegli per preparare, come dei pugili, tutti i muscoli del corpo all’impatto con il nemico, altri meditano così che la mente sia pronta ad affrontare con serenità qualsiasi difficoltà.

Nei miei corsi Samurai Lab® mi soffermo molto a parlare dei rituali di preparazione dei samurai medievali. Per loro esisteva un vero e proprio codice comportamentale e rituale che veniva scandito con precisione ogni mattina sia che ci fosse la battaglia o che dovessero affrontare una solita giornata di routine.
Perché la formazione dovrebbe occuparsi di questo? Perché vedo troppe persone stanche, affaticate e demotivate già alle prime ore del giorno lavorativo. Colazioni consumate in fretta e furia tra un mezzo e l’altro o rapidi caffè dopo la lotta per il parcheggio ispirano al nostro corpo, normalmente affamato di zuccheri dopo il riposo notturno, solo una grande aggressività che si scarica spesso sul vicino di scrivania e con risultati negativi. I riti esistono, ma siamo pasticcioni e non sempre fanno bene al nostro corpo che reagisce con stanchezza, disattenzione e rabbia.

È importante partire bene: prepararsi alla battaglia richiede, se si vuole vincere, una grande disciplina. Per questo è utile imparare dai samurai: ogni gesto per loro poteva essere l’ultimo quindi aveva sempre un valore inestimabile, fin dal primo mattino. I riti di preparazione sono fondamentali e saper predisporre con un lungo esercizio animo e corpo alla battaglia ci permette di essere pronti a combattere bene e a vincere.
Un motto samurai infatti recita "Cerca di mantenere l'attenzione fissa al momento presente (...) e vivi dando importanza a ogni azione, momento per momento.”

domenica 3 giugno 2007

Abbey Programme® coaching

Nella foto qui sopra mi vedete con P. Abate Norberto Villa e con Raffaele Berni, titolare della Berni Srl. Raffaele ha scelto Abbey Programme® nella formula “coaching” presso l’Abbazia di Praglia.

Al termine dei tre giorni di corso Raffaele ha scritto queste riflessioni ben felice di sapere che le avrei pubblicate nel blog:

“Abbey Programme® è un’esperienza formativa a 360°. È il miglior investimento in formazione comparandolo agli altri 20 fatti nel corso di 22 anni di lavoro. Vivere in monastero, preparandosi umilmente a ciò che comporta e riservando il rispetto che si deve quando ci si reca in una casa - dove chi ci abita è oltretutto gentile, premuroso e attento - consente di fare un viaggio introspettivo come Diogene Laerzio e di scoprire cose che altrimenti sarebbe impossibile sperimentare.

E’ stato bello scoprire che suono ha il silenzio assoluto, riuscire a valutare la nostra vita lavorativa, familiare, sociale in maniera distaccata, ritrovare i valori essenziali, capire l’anima delle cose e dare loro il giusto valore, imparare a migliorarsi, capire che l’amore, la giustizia, l’umiltà applicate al lavoro possono contribuire a un mondo migliore e che sicuramente ci rendono più felici. Come rende felici fare le cose giuste anche se, nell’incertezza della scelta, le conseguenze sembrerebbero meno gratificanti. In conclusione auguro a tutti di poter avere l’opportunità di fare questa esperienza”. Raffaele.

Caro Raffaele, grazie, e ti aspetto per la fase 2 del tuo coaching Abbey Programme®.