venerdì 21 novembre 2025

BLACK FRIDAY E MEDICINA CINESE


 

 

È venerdì mattina. Le strade brulicano di persone con carrelli pieni e occhi brillanti di desiderio. Il Black Friday è arrivato, e con esso la promessa di abbondanza, sconti irresistibili e la frenesia collettiva di chi vuole “avere di più”. Ma cosa si nasconde davvero dietro a questo rituale moderno? Dietro il luccichio dei cartelloni e il frastuono dei consumi, c’è una storia antica: la tensione eterna tra desiderio e equilibrio, tra fame di possesso e bisogno di armonia interiore.

 

Il Black Friday può essere visto come un moderno mercato rituale. Come nei villaggi antichi, dove la festa del raccolto trasformava il consumo in rito e comunità, oggi il consumo di massa diventa celebrazione e tensione allo stesso tempo. “Non c’è amore più sincero di quello per l’oggetto desiderato”, scriveva Erich Fromm (L’arte di amare), e in questa frase si legge il senso profondo del nostro impulso: non solo bisogno, ma anche un vuoto da colmare, un’energia emotiva da saziare.

 

In termini di Medicina Tradizionale Cinese, l’abbuffata di sconti stimola il Meridiano dello Stomaco e della Milza, organi che regolano non solo la digestione fisica, ma anche la nostra capacità di nutrirci emotivamente. 

 

Il desiderio compulsivo di acquistare può essere interpretato come un eccesso di energia “Yang” superficiale, un fuoco che cerca appagamento fuori da noi stessi. Lao Tzu ci ricorda: “La natura non ha fretta, eppure tutto si realizza” (Tao Te Ching), un invito a rallentare, osservare e ritrovare il ritmo naturale dentro di noi.

 

Il filosofo Aristotele ci guida con la sua saggezza occidentale: “La virtù sta nel mezzo” (Etica Nicomachea). Applicata al Black Friday, questa frase diventa monito: non è il possesso smisurato a darci felicità, ma l’equilibrio tra ciò che vogliamo e ciò di cui abbiamo veramente bisogno. Anche Confucio, con la sua calma ponderata, ci ammonisce: “Non importa quanto lentamente procedi, finché non ti fermi” (Analetti). Fermarsi, riflettere, osservare i propri desideri: ecco il segreto per trasformare la frenesia del consumo in pratica di consapevolezza.

 

Il Black Friday, dunque, non è solo shopping: è uno specchio del nostro rapporto con l’abbondanza, con il desiderio e con la nostra energia vitale. Ogni acquisto diventa un’occasione per osservare il flusso di Yin e Yang dentro di noi, per chiedersi se stiamo nutrendo il corpo e lo spirito o solo l’ego momentaneo.

 

La prossima volta che ti troverai davanti a un cartellone rosso con scritto “Sconto 70%”, fermati. Respira. Chiediti: sto comprando per vero bisogno o per il desiderio di riempire un vuoto? Trasforma la corsa agli sconti in un esercizio di equilibrio interiore. Inizia oggi: osserva, scegli, equilibra. 

 

Il vero tesoro non è ciò che metti nel carrello, ma ciò che coltivi dentro di te. PARLIAMONE!!!

Bibliografia essenziale:

  1. Fromm, E. (1956). L’arte di amare.
  2. Lao Tzu. Tao Te Ching.
  3. Aristotele. Etica Nicomachea.
  4. Confucio. Analetti.
  5. Kaptchuk, T. J. (2000). The Web That Has No Weaver.


martedì 18 novembre 2025

panem et circenses 2.0

 


Immagina una piazza gremita: luci, musica, applausi, schermi giganti che annunciano lo spettacolo. Tra la folla, pochi pensano davvero a chi manovra le leve dietro quel sipario. Eppure, come scriveva Giovenale, “panem et circenses”. 

 

Nel XXI secolo il pane è diventato binge-watching e notifiche push, i giochi sono reality, feed infiniti, e la distrazione è la nuova forma di consenso. Ci lasciamo cullare da una cascata di stimoli che addolcisce il pensiero critico, mentre l’apparenza prende il posto della sostanza; ma cosa perdiamo, quando cediamo al fascino del circo?

 

Il poeta latino criticava un popolo che aveva smesso di chiedere virtù, accontentandosi di pane e spettacolo. Da allora, le arene si sono moltiplicate, trasformandosi in schermi e palcoscenici digitali o molto più semplicemente dibattiti televisivi senza arte né parte e intrattenimenti senza alcun impegno. 

 

La piazza oggi è virtuale, ma il meccanismo è identico: si offre intrattenimento per non far pensare. Platone lo aveva già intuito nella metafora della caverna — “siamo prigionieri delle ombre che più ci piacciono, e scambiamo la luce riflessa per verità”. 

 

Nietzsche avrebbe detto che “ogni epoca ha le sue maschere”, e le nostre sono fatte di pixel e dopamina. 

 

Gramsci lo spiegò in chiave sociale: “l’egemonia non si impone solo con la forza, ma con la cultura, con ciò che ci seduce e ci tranquillizza”.

 

Marcuse, nel Novecento, parlava di “società unidimensionale”, dove l’uomo confonde il bisogno con il consumo e la libertà con il divertimento.

 

E la politica? Oggi non distribuisce più pane e giochi nel senso letterale, ma utilizza strumenti ben più sofisticati. La propaganda è diventata narrazione, la menzogna è branding, l’informazione è intrattenimento. Il potere non si impone: si insinua. Non vieta la verità, la devia. La politica mondiale odierna (tutta) ormai orchestra la realtà attraverso sistemi di comunicazione che confondono emozione e ragione, costruendo consensi basati su paura, indignazione e desiderio. 

 

Come in una grande regia, l’attenzione pubblica è direzionata dove serve: mentre le crisi reali si spostano dietro le quinte, i riflettori illuminano scandali, slogan, false contrapposizioni. È la stessa dinamica che già Platone denunciava: chi controlla le ombre, controlla la percezione della realtà.

 

In questo panorama globale, la “post-verità” non è un incidente, ma una strategia. La parola viene manipolata, l’immagine amplificata, il silenzio programmato. Si alimenta l’emotività collettiva, si esaspera il conflitto, si semina confusione. 

 

È una forma moderna di “circenses”, dove l’indignazione diventa intrattenimento, e il pensiero critico, un fastidio da marginalizzare. 

 

Come direbbe il Buddha, “tutto ciò che distrae dalla retta visione è illusione”; e Lao Tzu avrebbe ricordato che “quanto più le leggi e i decreti si moltiplicano, tanto più cresce il disordine”.

 

L’Oriente ci offre una chiave alternativa: il ritorno alla presenza. 

 

Lao Tzu ammoniva: “Chi conosce gli altri è sapiente; chi conosce sé stesso è illuminato.” Ma come conoscere sé stessi, se la mente è costantemente dispersa? Il Buddhismo parla di samsāra, il ciclo delle illusioni, dove ogni distrazione ci allontana dal risveglio. E il Taoismo, con il principio di Wu Wei, insegna il non-fare consapevole: non passività, ma presenza nel flusso della realtà. Confucio ricordava che solo l’educazione e il rituale mantengono la dignità dell’uomo di fronte all’eccesso.

 

La psicologia contemporanea conferma queste intuizioni antiche. Le notifiche digitali agiscono come micro-dosi di dopamina, creando un ciclo di stimolo e ricompensa che cattura la nostra attenzione. È la “corsa agli stimoli” descritta dalle neuroscienze: più siamo iperstimolati, meno siamo presenti. La mente si frammenta, il pensiero profondo cede al riflesso. La pedagogia, da Freire a Montessori, ci ricorda che educare non significa intrattenere, ma liberare. “La libertà”, scriveva Paulo Freire, “si conquista nella coscienza critica”, e non nella passività del consumo. Montessori parlava di una disciplina interiore che nasce dalla libertà consapevole, mentre Dewey vedeva nella partecipazione attiva il cuore dell’apprendimento.

 

Perfino la Medicina Tradizionale Cinese ci aiuta a leggere questo fenomeno. Quando l’energia (qi) ristagna, la vitalità si spegne: la società distratta somiglia a un corpo con il fegato bloccato. Troppo “Yang” di stimolo distrugge lo “Yin” del riposo, dell’ascolto, della profondità. I sintomi — apatia, ansia, bisogno costante di novità — sono i “rami” visibili, ma la radice è la stessa: disconnessione dal centro, perdita di equilibrio. Nella MTC, l’armonia nasce dall’alternanza fra attività e quiete: lo stesso vale per la mente. L’eccesso di stimoli prosciuga lo spirito.

 

E se il “circo” oggi è il flusso costante di immagini, possiamo ancora scegliere di uscire dall’arena. Si può iniziare dal piccolo: un digiuno mediatico settimanale, qualche minuto di silenzio, una pratica di respirazione o di meditazione. Sono forme di igiene mentale, come nella MTC lo sono il qigong e il ritmo dei cinque elementi. Si tratta di tornare padroni della propria energia, del proprio tempo, del proprio sguardo.

 

Non basta indignarsi per il sistema: occorre riappropriarsi della presenza. Osserva dove stai cedendo all’intrattenimento passivo, limita ciò che ti svuota, nutri ciò che ti accende. Leggi, rifletti, dialoga, cammina. Medita, respira, partecipa. Il cambiamento non nasce nei palazzi, ma negli sguardi che tornano a vedere. Il vero antidoto al “panem et circenses” è la consapevolezza: una mente che si accende non può essere manipolata.

 


Bibliografia

  1. Giovenale, Satire (edizioni critiche moderne)
  2. Platone, Repubblica
  3. Antonio Gramsci, Quaderni del carcere
  4. Herbert Marcuse, L’uomo a una dimensione
  5. Lao-Tzu, Tao Te Ching
  6. Dhammapada (testi buddhisti)
  7. Confucio, Dialoghi
  8. Paulo Freire, Pedagogia degli oppressi
  9. Maria Montessori, La mente del bambino
  10. John Dewey, Democrazia e educazione
  11. Daniel Kahneman, Pensieri lenti e veloci
  12. Ted Kaptchuk, The Web That Has No Weaver
  13. Giovanni Maciocia, The Foundations of Chinese Medicine


 

venerdì 14 novembre 2025

LE PIAGHE INVISIBILI


 

 

“Là dove è la ferita, là è anche la guarigione.”
— C.G. Jung

«Che cos’è una piaga, se non una crepa nel reale da cui può filtrare il senso?»

Da millenni, l’umanità osserva le sue ferite cercandovi risposte: nella pelle e nei sogni, nei deserti biblici e nei labirinti neuronali. Le piaghe d’Egitto, archetipi potenti e inquietanti, non appartengono solo al mito: esse ci attraversano ancora oggi, sotto forma di crisi personali, collettive, somatiche e spirituali.

Cosa succede se incrociamo lo sguardo di Mosè con quello di un medico taoista, un padre del deserto e un neuroscienziato contemporaneo?

 

Ne parlo nel mio ultimo articolo sulla rivista scientifica BRAINFACTOR

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martedì 11 novembre 2025

Ti stai distruggendo da solo?

 


 

“L’uomo è l’unico animale che si infligge sofferenze in nome della coscienza.”
— Albert Camus

C’è una domanda che si insinua in certi silenzi interiori, nelle notti insonni, nei dolori senza nome e nei giorni che sembrano vuoti anche se pieni di impegni: mi sto distruggendo da solo?

È una domanda antica e moderna, un interrogativo che attraversa l’essere umano da quando ha acquisito consapevolezza di sé, da quando il pensiero ha cominciato a scavare nelle profondità dell’anima, come la goccia d’acqua che scava la roccia non per distruggerla, ma per cercare un passaggio.

La psicologia contemporanea ha dato un nome a questo fenomeno: autosabotaggio.

È un meccanismo inconscio attraverso il quale l’individuo ostacola la propria crescita, felicità o salute. Agiamo contro noi stessi: scegliamo relazioni tossiche, procrastiniamo obiettivi importanti, ci puniamo con sensi di colpa eccessivi o ci rifugiamo nel perfezionismo come forma di autodegradazione.

In termini psicoanalitici, questo può essere legato a un “super-Io” troppo severo (Freud), che impone un ideale irraggiungibile e punisce ogni deviazione. La psicologia cognitiva lo descrive come frutto di schemi mentali distorti, di credenze limitanti acquisite nell’infanzia. La psicologia umanistica, da Carl Rogers a Maslow, parla invece di una disconnessione tra sé reale e sé ideale, una frattura dell’autenticità.

E' però nella filosofia, e nelle medicine tradizionali orientali, che questo interrogativo si fa eco cosmico, radicandosi nel destino umano e nel suo legame con l’universo.

“Colui che non trova la pace in se stesso, sarà in guerra con il mondo.”Mahatma Gandhi

La Medicina Tradizionale Cinese (MTC) non considera la malattia come semplice disfunzione biologica, ma come disarmonia.

L’uomo, microcosmo nel macrocosmo, è un sistema energetico in equilibrio dinamico. Quando l’equilibrio si rompe — tra Yin e Yang, tra organi Zang e Fu, tra emozioni e pensieri — si genera la malattia. Ma anche qui, come nella psicologia moderna, l’origine è spesso interna.

Il fegato (Gan), secondo la MTC, è l’organo che più risente delle emozioni represse: rabbia, frustrazione, ma anche incapacità di dare direzione al proprio Qi (energia vitale).

Il cuore (Xin) è la sede dello Shen — lo spirito. Uno Shen turbato può causare insonnia, ansia, perdita di scopo. Non a caso, nei testi antichi si legge: “se il cuore è in pace, tutto il corpo è in pace.”

In questo quadro, l’autodistruzione è la manifestazione energetica di un'anima che ha perso la via del Tao, la “Via naturale”.

L’essere umano, sordo alla propria natura, rompe la comunicazione col Cielo e si ammala.

“L’uomo è infelice perché non sa di essere felice.” Fëdor Dostoevskij

C’è qualcosa di profondamente ironico nell’autodistruzione umana. Ci si danneggia per inseguire ideali di perfezione, amore, potere, bellezza. Come Sisifo, condannati a far rotolare un masso che non ci appartiene, ci logoriamo nell’inseguire ciò che già ci abita.

Nietzsche parlava di un’umanità ancora “non nata”, incapace di diventare “oltre-uomo” perché schiava della morale, della colpa, delle convenzioni, ma è proprio qui che Oriente e Occidente si incontrano: nella consapevolezza che la liberazione non viene dall’esterno.

Il Daodejing di Laozi insegna: “Chi conosce gli altri è intelligente, chi conosce sé stesso è illuminato. Chi vince gli altri è forte, chi vince sé stesso è potente.”

In altre parole: l’autodistruzione non è che l’ombra della mancata autoconoscenza. Finché l’essere umano resta cieco ai propri movimenti interiori, sarà vittima delle sue stesse illusioni.

“Il corpo è il teatro delle emozioni.” Antonio Damasio

Il corpo non mente. Quando ci stiamo distruggendo, lo sappiamo — non sempre con la mente, ma con le ossa, con la pelle, con lo stomaco. Le tensioni croniche, le patologie psicosomatiche, la stanchezza che non passa, sono espressioni viscerali di un conflitto profondo.

In MTC si osservano i segni sul viso, sulla lingua, nei polsi, ma anche senza strumenti antichi, chiunque può accorgersi che l’autosabotaggio ha un corpo. Eppure, la medicina occidentale spesso lo ignora, scindendo corpo e mente. La medicina integrata, oggi, cerca di ricollegare i fili: MTC, mindfulness, psicologia somatica, neurobiologia della consapevolezza.

“Dove c’è pericolo, cresce anche ciò che salva.” Friedrich Hölderlin

Guarire non significa eliminare il dolore, ma comprenderlo. L’autodistruzione può essere un messaggio evolutivo. Ci segnala che stiamo vivendo contro la nostra natura, che ci manca una direzione. In MTC si direbbe che il nostro Mandato Celeste (Ming) è stato dimenticato. In psicologia junghiana, che non abbiamo integrato l’Ombra.

Il punto di svolta non è mai solo terapeutico. È esistenziale. È lo stesso punto toccato da Siddhartha sotto il fico sacro, o da Dante nella selva oscura, quando riconosce di essersi smarrito. La consapevolezza del male è già l’inizio della via.

L’autodistruzione è spesso una forma di lotta interiore mal direzionata. Ma se impariamo a guardarla, a decifrarla come messaggio del nostro Shen, possiamo trasformarla in una via di risveglio. 

L’Oriente ci insegna la via del Vuoto, del non-agire (wu wei), dell’armonia.L’Occidente ci consegna il pensiero critico e la ricerca di senso.

Unendo i due, forse possiamo imparare l’arte di non distruggerci, di ascoltarci, di guarire.

Vuoi sapere se ti stai autosabotando e come? parliamone!

 

Bibliografia essenziale

  • Bai, Y., & Zhang, H. (2022). The Role of Traditional Chinese Medicine in Mental Health: Integrative Approaches. Frontiers in Psychiatry.
  • Damasio, A. (2021). Sentire e sapere. Il cammino della coscienza. Adelphi.
  • Goleman, D., & Davidson, R. J. (2021). La scienza della meditazione. Come trasformare il cervello, la mente e il corpo. Mondadori.
  • Natour, M. (2023). Energia e guarigione: La medicina integrata tra Oriente e Occidente. Edizioni AMAL.
  • Sapolsky, R. M. (2023). Determined: A Science of Life Without Free Will. Penguin.
  • Varela, F. J., Thompson, E., & Rosch, E. (2021 reprint). La via di mezzo della conoscenza. Le scienze cognitive e la tradizione meditativa buddhista. Feltrinelli.
  • Jung, C. G. (2020 ed.). L’uomo e i suoi simboli. BUR Rizzoli.
  • Ricard, M. (2020). L'arte della meditazione. URRA.
  • Lu, A. P., & Wang, Y. T. (2021). Pattern Differentiation in Traditional Chinese Medicine and Integration with Western Medicine. Chinese Journal of Integrative Medicine.
  • Gilbert, P. (2021). Mindful Compassion. Guilford Press.
  • Thich Nhat Hanh (2021). Il dono del silenzio. Garzanti.
  • Maté, G. (2022). Il mito della normalità. Trauma, malattia e guarigione in una società tossica. Enrico Damiani Editore.
  • Mancia, M. (2021). Corpo, affetti, inconscio: Neuropsicoanalisi e psicoanalisi contemporanea. Raffaello Cortina.
  • Liang, X., & Li, H. (2023). Integrative Medicine in Treating Psychosomatic Disorders: A Review. Journal of Integrative Medicine.

domenica 9 novembre 2025

LA MENTE CAMPO DI BATTAGLIA

 


Immagina di essere sotto attacco senza nemmeno accorgertene. Nessun suono di sirene, nessuna esplosione, eppure ogni tua decisione, ogni percezione della realtà, viene modellata da forze invisibili. Questa è la guerra del XXI secolo: una guerra che non si combatte sui campi, ma dentro di noi.

Oggi, nella cosiddetta guerra cognitiva, tale battaglia non è più soltanto metaforica: le strategie contemporanee mirano a influenzare, manipolare e alterare i processi mentali delle persone, sia individualmente sia collettivamente.

«La mente è tutto. Ciò che pensi, diventi» – Buddha

 Ne parlo nel mio ultimo articolo sulla rivista di salute e benessere RIGENERAINFORMA

 

Per leggere l’articolo clicca qui

 

Quando la mente diventa il campo di battaglia: la guerra cognitiva - Rigenera Life

 

venerdì 7 novembre 2025

Curare senza cuore? L’intelligenza artificiale e la crisi della medicina umana

 



 

Immaginate un corridoio asettico, luci fredde, nessun camice bianco. Una voce sintetica vi accoglie:

“Benvenuto. Il Dottor 42 è pronto ad ascoltarla.”

È accaduto davvero. In Cina ha aperto il primo ospedale interamente gestito dall’intelligenza artificiale: quarantadue “medici” virtuali, oltre tremila pazienti al giorno, un tasso di errore dello 0,93%.

La notizia corre veloce sulla rete queste alcune della fonti: 

In Cina il primo ospedale guidato dall’AI – Popular Science

In Cina il primo ospedale al mondo completamente gestito da intelligenze artificiali


Siti medici, scientifici e non solo fanno nascere perplessità, domande e aprono giustamente un dibattito.

Per molti, lo so, èil  trionfo dell’efficienza, certo, ma la domanda che inquieta non è quanto sbaglino, è che cosa perdiamo quando a curarci non è più un essere umano.

Ci fideremmo di raccontare un dolore, una paura, un dubbio a un algoritmo? Ci affideremmo a una macchina che ci guarda senza vederci, ci ascolta senza sentire, ci cura senza sapere cosa significhi soffrire?

La medicina moderna è attratta dal mito della precisione: “Più dati, meno errori” – questa è già una realtà consolidata in ogni struttura sanitaria.

Già Albert Einstein ammoniva:

“Non tutto ciò che può essere contato conta, e non tutto ciò che conta può essere contato.”

La macchina sa contare, ma non sa comprendere.
Come scriveva Martin Heidegger, «la scienza non pensa»; essa calcola, misura, ma non si interroga sul senso.

L’intelligenza artificiale può analizzare milioni di dati clinici, ma non può cogliere il silenzio di chi soffre.
Il rischio è che l’efficienza diventi idolatria.

Hannah Arendt lo aveva previsto: “Il pericolo è che l’uomo diventi superfluo.”

Quando deleghiamo la cura alla macchina, rischiamo di rendere inutile proprio ciò che ci rende umani: l’empatia, la compassione, la presenza.

La grande tradizione ippocratica non ha mai ridotto la medicina a una scienza del corpo.

Ippocrate scriveva: “Là dove si ama l’arte della medicina, si ama anche l’umanità.”

E secoli dopo, William Osler – fondatore della medicina moderna – ricordava: “Il buon medico cura la malattia; il grande medico cura il paziente che ha la malattia.”

Entrambe le frasi ci ricordano che la medicina non è solo trattamento, ma relazione.

Curare non significa solo “intervenire su un corpo”, ma “stare accanto a una persona”.

Carl Gustav Jung sottolineava: “Conoscere tutte le teorie, padroneggiare tutte le tecniche, ma toccare un’anima umana è un’altra cosa.”

L’algoritmo può processare teorie e tecniche, ma non può toccare un’anima e questo fa la differenza tra guarire e curare.

Il rapporto medico-paziente è fondato sulla fiducia, un atto di vulnerabilità reciproca. Paul Ricoeur la definiva «un dono di sé che si espone al rischio della delusione».

Una macchina può essere precisa, ma non può essere affidabile in senso umano, perché non può rischiare nulla.

Come scrive Emmanuel Lévinas: “Essere responsabile significa rispondere di un altro, anche della sua responsabilità.”

La macchina non risponde. E quando sbaglia, non prova rimorso. Noi sì.

La medicina è anche una etica della presenza, un luogo dove chi cura e chi è curato condividono la stessa fragilità.

Come scriveva Viktor Frankl, psichiatra sopravvissuto ai campi di concentramento: “Il medico non deve solo chiedersi che cosa manca al corpo, ma che cosa manca alla vita del paziente.”

Un algoritmo può rilevare una carenza di ferro, ma non una carenza di senso.

Nella prospettiva pedagogica, la cura è un processo trasformativo. Il grande educatore Paulo Freire scriveva: “Nessuno educa nessuno, nessuno si educa da solo, gli uomini si educano insieme, con la mediazione del mondo.”

La stessa logica vale per la medicina: nessuno guarisce da solo, e nessuno guarisce qualcun altro senza entrare in relazione. L’intelligenza artificiale non entra “insieme” a noi nel processo: osserva, calcola, ma resta fuori dal campo dell’esperienza.

Edgar Morin, riflettendo sulla complessità, affermava: “Conoscere non è solo accumulare dati, ma comprendere i legami che uniscono.”

Il legame – ciò che unisce medico e paziente – è l’elemento che nessun algoritmo può simulare.

Nelle tradizioni orientali, la guarigione è sempre stata un atto che coinvolge corpo, mente e spirito.

Nel Tao Te Ching, Lao Tzu scrive: “Chi conosce gli altri è sapiente; chi conosce sé stesso è illuminato.”

E nel Sutra del Loto si legge: “Curare è risvegliare la mente alla compassione.”

La medicina artificiale, invece, conosce tutti i dati, ma non conosce sé stessa. È priva di coscienza, e dunque di compassione.

Il maestro zen Thích Nhất Hạnh insegnava: “Mantenere il corpo in salute è un atto di gratitudine verso l’intero universo: gli alberi, le nuvole, tutto.”

La salute, allora, non è solo un equilibrio biochimico, ma un atto di consapevolezza e interconnessione.

Un sistema automatizzato non può provare gratitudine, né riconoscere la sacralità dell’esistenza.

Lo ricorda il poeta sufi Rumi: “La ferita è il luogo in cui la luce entra in te.” La macchina ripara la ferita, ma non lascia entrare la luce.

Eppure, proprio in Cina – terra dove affonda le radici una delle più antiche e sagge tradizioni di guarigione è nato il primo ospedale governato da algoritmi. Questo apre un dubbio ancora più profondo, quasi paradossale. Ricordo di come i medici cinesi facessero ancora praticare taichi e qigong durante la sarscovid 19...

Come può una cultura che ha insegnato al mondo che “l’uomo e il Cielo sono un’unica cosa” affidarsi a una medicina che non conosce né Cielo né uomo?

Nella Medicina Tradizionale Cinese (MTC), il corpo non è mai separato dallo spirito.

Il Huangdi Neijing, il Classico di Medicina Interna dell’Imperatore Giallo, afferma: “Il medico superiore cura lo spirito; il medico medio cura l’energia; il medico inferiore cura il corpo.”

Se questa saggezza antica riconosce che la guarigione nasce dall’armonia interiore e dall’equilibrio del Qi, allora la domanda diventa inevitabile: un’intelligenza artificiale, per quanto perfetta, può davvero curare lo spirito?

La MTC insegna che la malattia è una disarmonia tra Yin e Yang, tra interno ed esterno, tra emozione e corpo. Essa non cerca di sopprimere il sintomo, ma di ricomporre l’equilibrio.

Il medico, Sun Si Miao – considerato il “re della medicina cinese” – diceva “si deve prima di tutto coltivare la virtù della compassione.”

Una macchina non può coltivare nulla, perché non ha un centro da cui la virtù possa germogliare.

E qui nasce il dubbio che dà comunque senso a questa riflessione: forse proprio dove la saggezza antica più ha compreso la totalità dell’uomo, oggi la tecnologia mette alla prova il confine stesso dell’umano.

È un passaggio epocale: dalla medicina del Tao alla medicina dell’algoritmo?

La domanda rimane sospesa: possiamo ancora parlare di cura quando manca il Cuore del Cielo?

Ciò che è in gioco non è solo l’etica, ma l’ontologia della cura.

Che cosa significa allora essere curati?

Hans-Georg Gadamer, nel suo saggio Il mistero della salute, affermava: “La salute non è qualcosa che si possiede, ma un modo di essere nel mondo.”

La medicina algoritmica riduce la salute a una serie di parametri, ma la salute è anche armonia, dialogo interiore, equilibrio relazionale.

Il medico – come il pedagogo o il terapeuta olistico – non aggiusta un ingranaggio, ma accompagna un processo di reintegrazione.

Confucio scriveva: “Colui che vuole governare bene deve prima governare sé stesso; così anche colui che vuole guarire deve prima conoscere il proprio cuore.” Un medico senza cuore, dunque, è un ossimoro. La tecnica può sostituire la mano, ma non il cuore.

Il progresso non è il nemico.

L’intelligenza artificiale può diventare uno strumento straordinario di supporto, diagnosi, prevenzione, ma solo se resta strumento, non soggetto.

Romano Guardini ricordava: “L’uomo è chiamato non a dominare la tecnica, ma a governarla nel rispetto dell’essere.” Il futuro della medicina non è l’esclusione dell’umano, ma la sua integrazione consapevole con la tecnologia.

L’AI può migliorare la precisione, ma solo l’uomo può dare significato alla cura.

E come scriveva Viktor Frankl: “Chi ha un perché per vivere può sopportare quasi ogni come.” La macchina sa il “come”, ma non conosce il “perché”.

Forse la domanda più profonda non è “quanto l’AI sbaglia”, ma “che cosa siamo disposti a perdere per un decimale di precisione in più”.

Emily Dickinson scriveva: “Un cuore è più grande di qualsiasi teoria.”

E il maestro zen Dōgen affermava: “Studiare la via è studiare sé stessi. Studiare sé stessi è dimenticare sé stessi. Dimenticare sé stessi è essere illuminati dalle diecimila cose.”

La macchina studia tutto, ma non sé stessa. Il medico umano, invece, sa di poter sbagliare, e proprio per questo può essere compassionevole.

È nella fragilità condivisa che nasce la vera cura. Perché, in fondo, la medicina non è solo guarigione. È presenza che accompagna, sguardo che vede, cuore che sente.

E un medico senza cuore – per quanto infallibile – non guarisce, aggiusta. Ma non libera.

cosa ne pensate?

 

Bibliografia essenziale

  1. Ippocrate, Aforismi.
  2. William Osler, Aequanimitas and Other Addresses.
  3. Carl Gustav Jung, Psicologia e alchimia.
  4. Viktor Frankl, L’uomo in cerca di senso.
  5. Hannah Arendt, Vita activa.
  6. Martin Heidegger, Che cosa significa pensare?
  7. Paul Ricoeur, Sé come un altro.
  8. Emmanuel Lévinas, Totalità e infinito.
  9. Paulo Freire, Pedagogia degli oppressi.
  10. Edgar Morin, La testa ben fatta.
  11. Hans-Georg Gadamer, Il mistero della salute.
  12. Romano Guardini, Lettere dal lago di Como.
  13. Albert Einstein, Scritti e pensieri.
  14. Lao Tzu, Tao Te Ching.
  15. Sutra del Loto (tradizione Mahāyāna).
  16. Thích Nhất Hạnh, La pace è ogni passo.
  17. Jalāl al-Dīn Rumi, Mathnawī.
  18. Confucio, Dialoghi.
  19. Dōgen, Shōbōgenzō.
  20. Emily Dickinson, Poesie complete.
  21. Huangdi Neijing (Classico di Medicina Interna dell’Imperatore Giallo).
  22. Sun Si Miao, Prescrizioni di mille ori per le emergenze.

 

 

martedì 4 novembre 2025

“Tossine ambientali e Medicina Tradizionale Cinese: come purificare corpo ed energia nel mondo moderno”

 




Vuoi scoprire come ridurre l’impatto delle tossine ambientali secondo la Medicina Tradizionale Cinese? 
Aria, acqua, cibo e pelle sono le quattro porte attraverso cui entra il mondo nel corpo.

«Non possiamo cambiare la direzione del vento, ma possiamo orientare le vele.» — Seneca

Secondo la Medicina Tradizionale Cinese (MTC), ogni essere vivente è un frammento di Cielo e Terra. L’uomo è un microcosmo in costante scambio con il macrocosmo, un equilibrio dinamico in cui il Qi, l’energia vitale, scorre nei meridiani e governa il dialogo tra interno ed esterno.  In un mondo dove l’aria, l’acqua e la terra stessa sono intrise di sostanze estranee, l’armonia di questo flusso però si incrina. 

Viviamo immersi in un mare invisibile di tossine: non serve essere scienziati per accorgersene, basta respirare nelle nostre città, bere un bicchiere d’acqua, acquistare frutta lucida al supermercato, o stendere una crema profumata sulla pelle.

Le tossine ambientali non sono un incidente, ma la trama sottile della nostra quotidianità.

Il corpo, con le sue infinite aperture — pelle, polmoni, intestino — diventa la frontiera viva di un mondo che entra in noi.

 «Non ci sono confini nel respiro: l’universo ci abita come noi abitiamo in lui.» — Lao Tzu

L’aria è il primo nutrimento. Respiriamo ventimila volte al giorno, e in ogni respiro accogliamo ossigeno, ma anche la polvere del mondo: particelle sottili, metalli pesanti, residui di combustione, sostanze chimiche industriali, pesticidi trascinati dal vento. Invisibili ma potenti, penetrano in profondità nei polmoni, attraversano la barriera alveolare e scorrono nel sangue, viaggiando come messaggeri silenziosi fino al cervello.

Nella visione della MTC, i Polmoni sono l’organo del metallo, custodi del confine tra interno ed esterno. Quando il Qi polmonare si indebolisce, l’energia difensiva, chiamata Wei Qi, perde vigore, lasciando passare le influenze nocive. Respirare aria pulita, praticare la respirazione consapevole, vivere momenti nella natura, non è solo un atto fisiologico, ma un esercizio spirituale.

È aprire una finestra dentro di sé per far circolare l’energia vitale che purifica.

«Respirare è lasciarsi vivere da qualcosa di più grande di noi.» — Christian Bobin

L’acqua è vita, ma può diventare anche veicolo di inquinamento. Le acque sotterranee e superficiali sono oggi spesso contaminate da nitrati, pesticidi, microplastiche, residui di farmaci e metalli pesanti. Ogni sorso è un atto di fiducia verso un mondo che abbiamo ferito.

Ma l’acqua non entra in noi solo attraverso la bocca: ci avvolge quando ci laviamo, quando cuciniamo, quando respiriamo il vapore della doccia. È ovunque, e ciò che porta con sé penetra, assorbe, interagisce. 

In MTC, l’acqua corrisponde all’elemento dei Reni, sede del Jing, l’essenza vitale che regola la crescita, la riproduzione e la longevità. Se l’acqua che beviamo è impura, anche la nostra energia essenziale si appesantisce. Filtrarla, rispettarla, offrirle gratitudine prima di berla è un gesto di consapevolezza.

«L’acqua è la vera sostanza della vita. È matrice e medium di ogni trasformazione.» — Leonardo da Vinci 

Il cibo è il nostro legame più intimo con la Terra. In ogni boccone accogliamo non solo nutrienti, ma anche tracce invisibili di ciò che il suolo, l’aria e l’acqua contengono. Pesticidi, diserbanti, additivi, micotossine, metalli pesanti, plastificanti: tutto entra a far parte del nostro sangue, delle nostre cellule, della nostra energia. 

La MTC considera il cibo una forma di energia condensata, capace di nutrire non solo il corpo, ma anche lo Shen, lo spirito che abita il cuore. Mangiare con fretta o distrazione, ingoiare alimenti privi di vitalità o prodotti industrialmente, genera disarmonia; scegliere cibo vivo, di stagione, preparato con presenza, ricrea armonia interiore. 

Ogni pasto può essere un rito, un momento di riconnessione con la vita che ci sostiene. Non serve rigidità, ma consapevolezza. La purezza non è nel cibo perfetto, ma nel modo in cui lo riceviamo.

Il cibo che scegliamo è una dichiarazione d’amore o di disattenzione verso la nostra vita.» — Michael Pollan

La pelle è il nostro confine vivo, il nostro organo più vasto e sensibile. Ci difende, ma anche dialoga con l’esterno. Attraverso i pori entrano e escono sostanze, emozioni, messaggi. Ciò che spalmiamo su di essa non resta in superficie: i composti chimici di molti cosmetici e detergenti attraversano il derma e raggiungono la circolazione. 

In MTC, la pelle riflette lo stato del Polmone e della Wei Qi: se questa energia è debole, la barriera cutanea si fa permeabile e il corpo diventa più vulnerabile. Curare la pelle con prodotti naturali, respirare aria pulita, vestire fibre vive come il cotone o il lino, è un modo per nutrire il confine che ci separa e ci unisce al mondo.

«La pelle è la nostra memoria più antica, la superficie su cui il mondo scrive la propria traccia.» — Paul Valéry

Il corpo non è inerme. È un sistema straordinario di autodepurazione: il fegato filtra, i reni drenano, l’intestino espelle, la pelle traspira, i polmoni ossigenano. Il nostro compito è sostenerlo, non sovraccaricarlo. 

Una vita “detox” non è fatta di digiuni estremi o beveroni miracolosi, ma di gesti semplici e quotidiani: bere acqua pura, muoversi, dormire profondamente, nutrirsi di fibre e vegetali, respirare con coscienza, ascoltare i ritmi naturali.

La vera pulizia è costanza, non sforzo.

I “detox lampo” promettono scorciatoie, ma spesso mobilitano tossine che il corpo non riesce a eliminare, peggiorando la condizione. Il fegato, grande alchimista, lavora meglio nella calma e nella regolarità, non sotto pressione. 

«La purificazione non è un evento, ma un cammino. È l’arte di tornare ogni giorno alla sorgente.» — Anonimo taoista 

Ridurre le tossine non significa ritirarsi dal mondo, ma imparare a vivere in esso con maggiore consapevolezza. Ogni gesto può diventare un atto di rispetto: respirare aria pulita quando si può, bere acqua viva, nutrirsi di cibo reale, prendersi cura della pelle, muoversi con gratitudine.

La MTC ci insegna che la salute è movimento armonico, e che la malattia è solo il linguaggio dell’energia che ha smesso di fluire. Quando il Qi scorre, anche ciò che è tossico trova la via dell’uscita. 

«Cielo, Terra ed io viviamo insieme e tutte le cose con me formano un’unità inseparabile.» — Chuang Tzu 

Il corpo non chiede miracoli, chiede collaborazione. Ci parla, ci avverte, ci chiede attenzione. Sta a noi rispondere, ogni giorno, con piccoli atti di presenza. 

Sogno un mondo in cui le persone smettano di accettare passivamente ciò che le avvelena, in cui la salute torni a essere un diritto e non un privilegio, in cui la verità valga più del profitto. Un mondo dove il corpo e la Terra siano trattati con la stessa cura, perché sono la stessa cosa.

Comincia da te. Respira consapevolmente, bevi acqua pulita, mangia cibo che nasce dalla terra, ascolta il tuo corpo come fosse un amico antico. Il vero detox non è una moda, ma un atto d’amore verso la vita. 

Se desideri intraprendere un percorso di detossinazione naturale ispirato alla Medicina Tradizionale Cinese, con pratiche di respirazione, fitoterapia, riflessologia e sostegno energetico personalizzato, puoi contattarmi per un incontro nel mio studio.

Ritrova l’armonia del Qi, alleggerisci il corpo dalle tossine e riconnetti la tua vita ai ritmi della natura.
Il primo passo è sempre un respiro

 

 

Bibliografia essenziale

  • Pollan M. Il dilemma dell’onnivoro. Adelphi, 2021.
  • Doria A. Medicina Tradizionale Cinese: fondamenti e applicazioni. Edra, 2022.
  • Li X., Zhang Y. et al. Environmental toxins and chronic disease: integrated approaches. Frontiers in Public Health, 2023.
  • Chen J. et al. Herbal modulation of detoxification pathways in Traditional Chinese Medicine. Journal of Ethnopharmacology, 2021.
  • World Health Organization. Human exposure to air pollutants and health outcomes. WHO Report, 2022.
  • Valéry P. L’anima e la danza. Gallimard, 2020.

 

 

domenica 2 novembre 2025

Essere caregiver oggi: fatiche invisibili, stress e sollievo attraverso la MTC

 

 


Ogni giorno, milioni di persone si prendono cura di un familiare malato o anziano. È un compito nobile, ma spesso invisibile: dietro ogni gesto di premura si nasconde una tensione costante, un sacrificio emotivo che può minare salute e benessere.

La figura del caregiver è spesso paragonata a un eroe anonimo, eppure chi salva gli altri rischia di perdersi se stesso lungo la strada. Come scrive Italo Calvino: «C’è una ferita che non si vede, eppure brucia più del fuoco».

«La mente è tutto. Ciò che pensi, diventi.» — Buddha

Essere caregiver significa affrontare un carico emotivo e fisico che raramente viene riconosciuto. L’ansia per la salute del proprio caro, il senso di responsabilità e talvolta la paura di non fare abbastanza si sommano alla fatica fisica delle attività quotidiane, spesso prolungate e ripetitive. Chi assiste un familiare può sperimentare insonnia, irritabilità, riduzione delle difese immunitarie e un senso profondo di isolamento. La vita sociale si riduce, il tempo per sé stessi diventa un lusso, e il peso economico può aggravare ulteriormente lo stress.

Lisa Genova, nella sua opera Still Alice, racconta la complessità della cura costante dei malati degenerativi, evidenziando come la dedizione totale all’altro generi fratture emotive e conflitti identitari.

Allo stesso modo, Italo Svevo, ne La coscienza di Zeno, descrive il conflitto interiore tra dovere familiare e desiderio di libertà, restituendo con lucidità le tensioni invisibili del caregiving.

 «Chi controlla l’informazione controlla il potere.» — Jim Morrison

«Non c’è niente di più potente di un’idea il cui tempo è giunto.» — Victor Hugo

Dal punto di vista filosofico, l’Occidente offre strumenti preziosi per affrontare queste difficoltà. Il pensiero stoico, con Epitteto e Seneca, invita a distinguere ciò che dipende da noi da ciò che non possiamo controllare, sviluppando lucidità e equilibrio interiore.

La filosofia esistenzialista di Simone de Beauvoir e Albert Camus sottolinea invece la tensione tra responsabilità verso l’altro e autenticità personale, la necessità di preservare sé stessi pur adempiendo a doveri gravosi.

Dall’Oriente, taoismo e buddhismo insegnano la centratura, l’osservazione consapevole e la compassione. La pratica della meditazione aiuta il caregiver a osservare emozioni e pensieri senza esserne travolto, trasformando l’atto della cura in un esercizio di equilibrio interiore.

Come ricorda Confucio: «Il segreto della felicità non è fare ciò che si ama, ma amare ciò che si fa».

«Non possiamo insegnare niente agli uomini; possiamo solo aiutarli a scoprirlo dentro di sé.» — Galileo Galilei

«Conosci te stesso e conoscerai l’universo e gli dèi.» — Iscrizione al Tempio di Delfi

In questo contesto, la Medicina Tradizionale Cinese si rivela uno strumento prezioso.

Secondo la MTC, la salute e il benessere dipendono dall’equilibrio tra le forze yin e yang. Quando il caregiving sbilancia queste energie, pratiche di MTC e di meditazione favoriscono armonia e centratura.

Stimolare i punti dei meridiani legati al cuore-mente, al pericardio e al triplice riscaldatore aiuta a ridurre ansia e tensioni emotive, mentre piante adattogene come ginseng, schisandra e astragalo sostengono il sistema nervoso e mitigano lo stress.

Anche semplici tecniche di respirazione profonda e automassaggio sui canali energetici possono favorire rilascio di tensioni e riequilibrio psicofisico.

 «La vita non è trovare se stessi, ma creare se stessi.» — George Bernard Shaw

«Chi cura l’altro, spesso dimentica di curare se stesso.» — Anonimo

Il sostegno non è soltanto tecnico, ma passa attraverso l’attenzione al proprio ritmo, alla creazione di spazi personali e al confronto con comunità fidate. Coltivare la consapevolezza dei propri limiti e chiedere aiuto non è segno di debolezza, ma di saggezza, e permette di trasformare la fatica in forza, lo stress in tenacia, la cura dell’altro in cura di sé.

Come scrive Confucio: «Colui che non sa riposare non sa nemmeno vivere», ricordandoci l’importanza di preservare il proprio equilibrio anche nel servizio agli altri.

«La più grande conquista è dominare se stessi.» — Platone

«La felicità non dipende da ciò che abbiamo, ma da ciò che siamo.» — Henry David Thoreau

«La libertà comincia dalla mente.» — Epitteto

Essere caregiver oggi è una sfida enorme, che può consumare corpo, mente e spirito. Ma non è una battaglia senza strumenti: conoscenza, pratica meditativa, supporto comunitario e tecniche della MTC permettono di affrontare la quotidianità con maggiore lucidità e centratura. La vera vittoria non consiste solo nel salvare l’altro, ma nel coltivare la propria integrità, la propria forza interiore, il proprio equilibrio emotivo.

Come Albert Einstein osservava: «La mente che si apre a una nuova idea non ritorna mai alla dimensione precedente».

Se sei un caregiver, non aspettare di sentirti sopraffatto. Prenditi cura di te stesso con consapevolezza, respirazione, meditazione e pratiche di equilibrio energetico. Coltiva la tua forza interiore e costruisci uno spazio sicuro dentro di te, perché proteggere la tua mente e il tuo corpo è la chiave per sostenere chi ami con lucidità e amore.

Se vuoi possiamo parlarne.

 

Bibliografia:

  • Calvino, Italo. Le città invisibili.
  • Svevo, Italo. La coscienza di Zeno.
  • Genova, Lisa. Still Alice.
  • Confucio. Dialoghi.
  • Epitteto. Manuale di vita.
  • Seneca. Lettere a Lucilio.
  • Camus, Albert. Il mito di Sisifo.
  • De Beauvoir, Simone. Etica della libertà.

 

venerdì 31 ottobre 2025

E tu di che guerra sei?

 


 

La guerra non è solo un atto estremo di violenza; è un linguaggio, una danza di forze opposte che si contendono l’equilibrio dell’universo. 

Eppure, oggi, sembra che la guerra sia diventata la lingua franca del nostro tempo: conflitti geopolitici, guerre economiche, battaglie ideologiche. Ma cosa accadrebbe se, invece di combattere, imparassimo a curare? 

E se la Medicina Tradizionale Cinese (MTC) potesse offrirci una via per trasformare la guerra in pace, l’energia distruttiva in armonia?

Nella MTC, la salute è vista come un equilibrio dinamico tra le forze opposte e complementari dello Yin e dello Yang. Quando queste forze sono in armonia, il Qi (energia vitale) fluisce liberamente, portando benessere. Al contrario, quando l'equilibrio è disturbato, si manifestano malattie. Analogamente, la guerra può essere interpretata come un sintomo di uno squilibrio energetico collettivo. 

Come affermato in un articolo sulla Medicina Cinese: "Ogni conflitto credo possa essere vista come una manifestazione di eccesso, uno squilibrio dell’energia che non trova la sua via. Un Fuoco che ha dimenticato il suo cuore, un’Acqua che non sa più custodire le sue radici."

Questa visione ci invita a considerare la guerra non solo come un fenomeno politico o militare, ma come un disordine energetico che può essere curato.

Nel celebre trattato "L'Arte della Guerra", Sun Tzu scrive:

"La suprema arte della guerra è sottomettere il nemico senza combattere."

Questa massima non è solo una strategia militare, ma una filosofia di vita. Sun Tzu ci insegna che la vera vittoria risiede nella capacità di risolvere i conflitti senza ricorrere alla violenza. Questo principio è in sintonia con l'approccio della MTC, che cerca di ristabilire l'equilibrio energetico senza interventi invasivi.

In MTC, la pace non è un'assenza di conflitto, ma un equilibrio tra le forze opposte. Come scritto in un articolo sulla Medicina Cinese:

"La pace non è solo Yin, la guerra non è solo Yang. Queste energie si mescolano continuamente, si contendono, si necessitano. La pace assoluta è immobilità, morte. La guerra eterna è distruzione, follia. La vita danza sul confine sottile che li separa e li unisce."

Questa visione ci invita a comprendere che la guerra e la pace sono due facce della stessa medaglia. Il nostro obiettivo dovrebbe essere quello di mantenere l'equilibrio, evitando gli estremi.

La MTC offre strumenti concreti per ristabilire l'equilibrio energetico mi piace pensare che

applicando questi principi a livello collettivo, possiamo affrontare le cause profonde dei conflitti e promuovere una cultura di pace.

Ogni conflitto esterno riflette un conflitto interno. Come affermato da Carl Jung:

"Chi guarda fuori, sogna; chi guarda dentro, si sveglia."

Per affrontare la guerra nel mondo, dobbiamo prima affrontare la guerra dentro di noi. La MTC ci invita a esplorare il nostro mondo interiore, a riconoscere e armonizzare le nostre forze opposte.

Immaginiamo per un istante un mondo in cui Le scuole insegnino pratiche di consapevolezza, i leader mondiali consultino esperti per risolvere conflitti a monte, le politiche sanitarie integrino saperi diversi con la medicina occidentale.

Utopico? Potrebbe esserlo, ma provate comunque a immaginare, non costa niente.

Vi chiedo anche di lasciare fuori da questa immaginazione i pregiudizi, le convinzioni limitanti e tutti quei “si, ma…”

In questo scenario, la guerra non sarebbe più una soluzione, ma un'eccezione. La pace diventerebbe la norma, non solo tra le nazioni, ma anche tra gli individui.

La MTC ci offre una prospettiva unica sulla guerra e sulla pace. Invece di combattere, possiamo curare. Invece di distruggere, possiamo armonizzare. Invece di separare, possiamo unire.

Se desideri intraprendere questo cammino di guarigione e armonia, ti invito a praticare con me la Medicina Tradizionale Cinese. Insieme, possiamo trasformare la guerra in pace, l'oscurità in luce, la malattia in salute, partendo da noi…

Se sei pronto a intraprendere il cammino della guarigione e della pace, contattami per una consulenza personalizzata in Medicina Tradizionale Cinese. Insieme, possiamo lavorare per ristabilire l'equilibrio e promuovere la pace interiore e di conseguenza collettiva.

 

 

Bibliografia

  • Sun Tzu, L'Arte della Guerra, Feltrinelli, 2013.
  • Larre, C., & Rochat De La Vallée, E., Filosofia della Medicina Tradizionale Cinese, Jaca Book, 1997.
  • "Le energie della pace e della guerra", Medicina Cinese, 2023.