domenica 30 dicembre 2007

L’ultimo esame

Poco prima di Natale ero nella zona dell’Università e sono stato testimone di un fatto curioso che mi ha colpito molto e mi ha fatto riflettere.
Ero fermo ad un semaforo ed ecco che all’improvviso vedo un ragazzo che con un sorriso radioso attraversa la strada correndo, si sposta velocemente a zig zag, evitando le persone all’ultimo istante, agitandosi festoso; è al settimo cielo e continua a gridare a tutti: “Ho fatto l’ultimo esame! Ho fatto l’ultimo esame!”. La gente, ferma accanto al semaforo, è sorpresa, quasi senza parole. In una Milano chiusa nei cappotti e nei pacchi colorati che spesso non sanno di festa, lui ce l’ha fatta davvero. Non sto parlando degli esami, che prima o poi avrebbe comunque passato, ma della gioia che si prova nel cuore quando si raggiunge una meta tanto sognata e si ha solo voglia di gridarlo al mondo.

Ho subito collegato questo episodio ad un altro che mi era capitato in una riunione dove ad una giovane dipendente è stato proposto di diventare socia nell’impresa dove lavora. Se ne stava silenziosa, nessuna domanda, quasi apatica. Sembrava che quello che le succedeva intorno non la riguardasse nonostante avesse sempre sostenuto che era il sogno della sua vita. Anche lei come quel ragazzo era arrivata ad una meta, ma in cuor suo non ha vinto perché non ha dato sfogo al suo entusiasmo.

Di solito la gioia che proviamo quando raggiungiamo un obiettivo è talmente forte che ci spinge a condividerla non solo con chi amiamo ma anche con degli sconosciuti come è capitato a quel ragazzo. L’apatia e l’invidia sono i soli mali che possono distruggerla e impedire che quel sorriso grande come il mondo esca da noi stessi e contagi gli altri.
Durante l’anno che sta per arrivare ragaliamo questa gioia del fare grandi cose attraverso piccole azioni e non preoccupiamoci se possiamo sembrare un po’ matti come quello studente. “Lasciamo che il sorriso ci contagi” come ho visto scritto su un muro di Milano: dopotutto la vita è tutta un esame e quello che abbiamo passato è pur sempre l’ultimo e vale sempre la pena festeggiarlo.
Buon anno a tutti.

lunedì 24 dicembre 2007

Il Tempo regalato

In una rivista di cui ho voluto dimenticare il nome, in fondo ad ogni articolo è segnalato il tempo che serve per leggerlo.
Siamo arrivati a tanto. Nemmeno la lettura sfugge all’imperativo del cronometro a tutti i costi, anche un breve periodo di svago va quantificato, calcolato, incasellato in una continua corsa dove “il tempo libero” ha perso l’aggettivo libero ed è rimasto solo il tempo.
E’ l’ossesione di oggi: qualsiasi diavoleria elettronica dovrebbe farci risparmiare tempo, ma poi in realtà il tempo scorre riempito di significati che non ci convincono, che non fanno parte di noi.

E anche questi giorni pre natalizi nessuno ha tempo per nessuno, siamo tutti impacchettati nei regali che dobbiamo comprare e non possiamo fermarci.

Il tempo è l’unica risorsa che non possiamo acquistare o vendere: non è esposto in nessuna vetrina e non subirà l’assalto dei saldi tra una decina di giorni. Eppure possiamo regalarlo.
Come? Fermandoci a parlare con qualcuno oppure oziando un po’ per sentirlo trascorrere senza frenesia tra le pieghe del nostro corpo.
Regaliamo e regaliamoci del Tempo: questo è mio augurio di Natale a tutti voi.

domenica 16 dicembre 2007

Fondazione Arnaldo Pomodoro, la Collezione permanente

Recentemente sono stato inviato a visitare la mostra “La Collezione permanente” della Fondazione Arnaldo Pomodoro a Milano, in via Solari 35. Ed è stata l’occasione sia per approfondire la conoscenza del percorso artistico di Pomodoro sia per ammirare la ristrutturazione della parte più antica del complesso delle ex officine Riva & Calzoni che è appunto la sede delle Fondazione stessa.

Qui venivano costruite turbine idrauliche e il progetto di riqualificazione ha voluto mantenere leggibile l’antica caratteristica industriale che valorizza e amplifica il fascino dei lavori di Pomodoro i quali documentano tutti i passaggi più significativi dell’evoluzione stilistica del maestro.
Mostra di grande suggestione, che vi consiglio caldamente. E’ aperta fino al 9 marzo 2008. (foto tratta da www.fondazionearnaldopomodoro.it)

martedì 11 dicembre 2007

Un convegno sui benedettini

L’amico Claudio Spina mi ha segnalato un’interessante iniziativa dell’Università Cattolica di Brescia. Si tratta di un convegno internazionale dal titolo “Identità benedettina nel Medioevo e nella prima Età Moderna” .

Il convegno avrà inizio domani, 12 dicembre e si concluderà sabato 15 dicembre. I relatori coinvolti sono di altissimo livello e consiglio vivamente la partecipazione non solo agli amici di “Abbey Programme®”, ma anche a chi, più profano, volesse iniziare a conoscere l’affascinante mondo monastico e la sua storia.


domenica 9 dicembre 2007

Abbey Programme®: un nuovo articolo

Nel numero di novembre “Incentivare”, l’unica rivista italiana specializzata nelle tecniche di motivazione aziendale, ha pubblicato un dossier di Ofelia Figus su Abbey Programme® dal titolo “La Regola entra in azienda”.

Con questo articolo Abbey Programme®, nell’arco di otto anni di vita ha collezionato ben 71 uscite sulla stampa, senza contare le interviste radiofoniche. Credo proprio sia un bel record che mi fa pensare quanto sia forte la necessità di un cambiamento di rotta nelle aziende attraverso la formazione. Io voglio continuare su questo percorso, spero che la stampa mi continui a sostenere.
Per scaricarlo clicca qui.

giovedì 6 dicembre 2007

Coaching Abbey Programme® a Praglia

“Anche con questo coaching Abbey Programme® fase 3, come nelle altre due volte precedenti, ho imparato cose nuove che mi hanno arricchito sia come imprenditrice che come persona. Penso che il percorso che ho affrontato sull’analisi delle mie competenze personali mi aiuterà a essere più decisionale nelle scelte per l’ampliamento della mia attività. Sicuramente applicherò a breve quanto ho imparato: spero di fare presto una fase 4 magari insieme a qualche mia collaboratrice”. Anna Santomauro

“Questo corso è stato come ritornare al primo giorno di lavoro. Ho imparato il rispetto per le persone e per le regole e ad apprezzare il silenzio nella nostra vita. Da oggi ascolterò di più gli altri e agirò di conseguenza. In questi giorni ho capito che insieme ai miei colleghi potrò lavorare meglio e con più profitto”.
Kirandeep Kaur

Sono le parole delle partecipanti al coaching Abbey Programme® del 2-4 dicembre scorso. Interessante e stimolante è stata la multiculturalità e multireligiosità del corso infatti Anna è Buddista legata all’Istituto Soka Gakkai, mentre Kirandeep è Sikh. Le vedete felici e contente qui sopra.

domenica 2 dicembre 2007

Comunicare in Gavazzi Impianti

“Comunicare bene, risolvere i problemi in gruppo e sapersi relazionare con colleghi e clienti” è stato il tema di tre giorni di fitti lavori in Gavazzi Impianti. L’azienda era già stata mia cliente diversi anni fa quando ho avuto modo di affrontare il tema dello sviluppo delle competenze manageriali con alcuni neo dirigenti. Ora è toccato a giovani ingegneri e project manager e sembra proprio che l’intenzione sia quella di proseguire nella formazione coinvolgendo anche altre figure.
Eccovi qui sopra la loro foto e i loro commenti al termine del corso:

"Cogito ergo sum…mi conosco quindi posso comunicare…comunico quindi posso vivere con gli altri". Roberto Luzzana

"Scettico inizialmente, coinvolto ed interessato dopo il primo minuto. Corso che ha la capacità di evidenziare i nostri limiti nel confrontarsi con gli altri e suggerire una metodologia per migliorarsi". Alessandro Logoteta

"Un arricchimento necessario nel percorso di ciascuno. Può, se si è aperti all’apprendimento, permettere di cominciare ad usare strumenti per interpretare gli altri conoscendo prima se stessi". Enrico Foresta

"Ho imparato a dare un significato nuovo alla comunicazione". Luigi Muscillo

"Interessante l’aspetto di team creatosi all’interno di un gruppo variegato e con poca confidenza tra i vari partecipanti".
Alessandro Tallari

"Posso solo dire di uscire da questa stanza con qualcosa in più, con una base più solida per potermi conoscere meglio e per poter conoscere gli altri. Un grazie a Paolo per la disponibilità e la professionalità dimostrata". Alessandro Beggiato

"Un corso sicuramente interessante: sono stati affrontati argomenti che ho intenzione di approfondire perché mi hanno permesso di conoscere meglio sia me stesso che quelli che mi stanno intorno". Luca Tardonato

giovedì 29 novembre 2007

Pensiero del fine settimana

Foto per gentile concessione di ALLRace Friend Renato Gaggio

Il lavoro intellettuale strappa l’uomo

alla comunità umana,
il lavoro manuale , invece,
conduce l’uomo verso gli uomini.

martedì 27 novembre 2007

Mobbing? No grazie.

“Sul mio tavolo arrivano 5-6 denunce di mobbing al giorno. Altre vanno direttamente verso un percorso civile, per un licenziamento contestato o perun danno da risarcire”.
È Raffaele Guariniello, procuratore aggiunto a Torino a parlarne sul Corriere della Sera del 27 novembre 2007.

Effettivamente quasi ogni giorno mi capita di sentire parlare in azienda o alla TV di denunce di molestie o mobbing. Questi fenomeni esistono da sempre: per fortuna sono cambiati i tempi e oggi c'è una maggiore attenzione nei luoghi di lavoro.
Guariniello fa però presente che il problema in Italia non è ancora regolamentato: da noi "possiamo appellarci solo a delle sentenze della Cassazione e alla famosa legge 626 dove si enuncia che bisogna prevenire il mobbing almeno quanto l’esposizione a sostanze tossiche o al rumore".
Siamo ancora indietro rispetto ad altri paesi europei e, a questo proposito, ricordo un collega che lavorava per alcune aziende francesi del settore alimentare per costruire luoghi di lavoro attivi e favorevoli al dialogo: mi diceva che incontrava singolarmente tutti i dipendenti dell’azienda almeno tre volte l’anno.
Cosa fare in Italia? Guariniello nell'articolo chiede alle aziende tanta prevenzione e di dotarsi al più presto di un codice etico.

Io non sono un uomo di legge, ma sono concorde con il giudice: la parola d’ordine è prevenzione. Credo che occorrano regolamenti semplici che rendano chiaro quali sono i comportamenti ammessi e quali no.
In campo militare mi viene in mente il codice “semaforo” dei marines americani dove i tre classici colori (rosso, giallo, verde) danno il senso ad ambo le parti del punto a cui sono arrivati in qualsiasi situazione, in pace o in guerra o durante un addestramento.
Se c’è riuscito un corpo militare con tutta la sua rigidità perché non avere un codice etico in azienda?

In realtà ci sto provando all'interno di Abbey Programme® dove, l’ultimo giorno di corso, i partecipanti devono fare un esercizio che molti hanno definito estenuante: la “costruzione della tavola dei valori”. La domanda chiave è come portare i valori fondamentali dell’esistenza nei pensieri e nelle azioni dei miei collaboratori?
L’obiettivo è creare un piccolo vademecum pratico che l’imprenditore e tutta l'azienda possa utilizzare in ogni momento per rapportare e rapportarsi con gli altri e gestire linee guida semplici e chiare per tutti: la prima è essere sempre d’esempio.

Caro Guariniello non so se questo sistema le diminuisca un po’ di lavoro, io spero di sì, ma credo ne sarebbe felice anche lei.

domenica 25 novembre 2007

La palestra dei manager

Felice Fava nel suo articolo pubblicato lo scorso 23 novembre in Formazione & Carriere del Corriere della Sera ci parla dei campioni dello sport che salgono in cattedra per insegnare ai dirigenti il gioco di squadra per vincere la partita contro il mercato.
“Lo sport insegna a raggiungere obiettivi, automotivarsi e conoscere l’avversario, sul campo e sul lavoro”. E’ interessante notare che questo processo avviene sia negli sport individuali che in quelli di gruppo insegnando lealtà nell’affrontare l’altro e utilizzando gli stessi strumenti e mezzi.

Il lavoro è una competizione continua e se viene vissuto come sport aumenta l’autostima e rende più vivibile la sensazione del doverlo svolgere. Allenamenti costanti insegnano la pazienza e la determinazione per raggiungere un obiettivo.

Le arti marziali, oltre ad avere una componente sportiva, implicano un forte coinvolgimento psichico e mentale in cui il praticante deve entrare in armonia con se stesso per arrivare “all’azione perfetta”. E’ un’autodisciplina che in campo lavorativo permette di aumentare la capacità di attenzione, di focalizzarsi sui problemi e di affrontarli come su un campo di battaglia.

E’ quella sincronia tra mente e corpo, tra pensiero e azione che deve essere presente in ogni buon manager e che le arti marziali, in particolare la spada giapponese, esaltano in quanto “conferendo equilibrio al tutto lo spazio vuoto acquista lo stesso peso del pieno”. In altre parole, quando un samurai esprime l’intenzione di compiere un’azione è come se l’avesse già compiuta. Non ha bisogno di “dare la parola” né di “promettere”. Parlare e agire sono la medesima azione.
Chi ha partecipato a Samurai Lab® ha avuto modo di sperimentare tutto questo anche provando ad usare la spada. Atleti o samurai i nuovi manager saranno pronti a raccogliere la sfida, ma soprattutto a vincerla?

giovedì 22 novembre 2007

martedì 20 novembre 2007

Ora et Labora a Udine


Eccomi qui per raccontarvi della bella esperienza di sabato 17 novembre a Udine: libreria Feltrinelli gremita (mi è dispiacuito per le molte persone in piedi per tutta la durata della presentazione), il Rettore Furio Honsell, accompagnato dalla collega Prof. Cristiana Compagno, docente di strategie aziendali, come interlocutori. E poi domande tecniche ma anche "provocatorie" per capire quanto sia concreta l'attualità della Regola Benedettina per l’impresa.

Il tempo è letteralmente volato nell’alternarsi delle domande anche da parte del pubblico e, alla fine, molti hanno mi hanno chiesto di autografare una copia del libro facendomi sentire uno "scrittore importante".
La serata si è poi conclusa con un buffet preparato magistralmente dall'instancabile Gabriella Pecchia, mente organizzatrice di questa iniziativa, e con un intervista per Radio Capodistria che andrà in onda giovedì 22 novembre alle ore 13:00.

È stata proprio un'esperienza bella ed anche divertente che mi ha fatto conoscere nuove persone interessanti e interessate al mio Abbey Programme®. Remo, il direttore delle libreria, soddisfatto dell’evento mi ha proposto di ritornare; spero proprio di poterlo esaudire molto presto.


domenica 18 novembre 2007

Profumo di donna

E’ da un po’ di tempo che non parlo di film interessanti per la formazione. Ultimamente ho rivisto “Scent of a woman”, rifacimento americano di “Profumo di donna” del regista Dino Risi tratto dal romanzo "Il buio e il miele" di Giovanni Arpino.

La trama: Charlie Simms, il protagonista, frequenta un college elitario grazie ad un sussidio. Per arrotondare, il giovane accetta di assistere per il week-end del Ringraziamento l'anziano colonnello Frank Slade (Al Pacino). Poco prima di partire per quest’incarico, Charlie è testimone dei preparativi di uno scherzo architettato da alcuni suoi compagni ai danni del preside della scuola. Charlie si trova così davanti a un bivio: o denunciare gli autori dello scherzo oppure perdere la borsa di studio per Harward.
Nel frattempo i primi approcci di Charlie con il colonnello sono difficili: il salto generazionale è notevole, Slade è cieco, scorbutico, beone ed aggressivo, parla solo di servizio militare e disciplina. Il colonnello costringe Charlie ad accompagnarlo a New York, noleggia una limousine con l'autista e frequenta ristoranti e alberghi di lusso: il suo intento nascosto è vivere alla grande le feste del Ringraziamento per poi suicidarsi. Tuttavia Charlie riesce ad anticiparlo e a salvargli la vita.
Charlie, tornato da New York, deve ora affrontare la commissione d’inchiesta per lo scherzo: è sul banco degli imputati solo e senza nessun appoggio. Decide di non denunciare i compagni pur sapendo di compromettere il proprio avvenire. Ma ecco presentarsi il colonnello Slade, che in un discorso carico di valori e senso del dovere, esalta l’onestà riuscendo a scagionare Charlie.

È un film interessante perché nel confronto fra due generazioni dimostra che alla base della leadership, all’inizio o al termine di una carriera, debbano esserci i valori di sempre: onestà, integrità, rettitudine, senso dell’onore e del dovere, disponibilità e amore per il proprio lavoro… Infatti il colonnello Slade decide di prendere le difese di Charlie dicendo: “Io lottavo contro il mondo per mettermi in mostra, tu lo fai perché ci credi”.
E a fronte di chi, come il preside, vuole costruire leader corrotti, ma potenzialmente validi solo per sostenere i propri fini, vince ancora l’etica e il valore dell’uomo.
La grande fragilità di un colonnello Slade, di chi “è arrivato”, di chi è ormai deluso e stanco, ritrova vigore e voglia di continuare vedendosi riflesso nel giovane Charlie, inesperto, ma desideroso di crescere e imparare.
Un insegnamento per tutti coloro che sono stanchi e demotivati e che hanno bisogno di ritrovare quel vigore e quell’onestà intellettuale ormai dimenticati.


mercoledì 14 novembre 2007

Offerta di lavoro

Un mio cliente, il salone Anna di Borgo San Dalmazzo (Cuneo) di cui vi ho già parlato, sta cercando nuove figure professionali da assumere in vista del futuro ampliamento.
Tra queste Anna sta cercando una Direttrice
Tecnica da inserire nella nuova struttura del Centro Estetico. E' richiesta una pluriennale esperienza sul campo oltre alla disponibilità a sposare la filosofia del centro.
Chi fosse interessato può chiamare direttamente Anna o Simona negli orari di negozio allo 0171 269009.

martedì 13 novembre 2007

Una lezione al Liceo Legnani

Spesso le scuole superiori mi invitano a tenere delle lezioni sugli aspetti psicologici della comunicazione. Il Liceo Legnani di Saronno (Varese) è tra le più affezionate e come ogni anno la Prof. Donatella Pigozzi organizza per le classi quarte una serie di incontri a tema.
Qui sotto trovate il riassunto dei commenti alla mia ultima lezione.

“Carissimo Paolo,
ti invio il sunto di alcune riflessioni degli alunni delle classi quarte del liceo classico “Legnani” indirizzo sociopsicopedagogico, relativo alla conferenza che hai condotto il 30 ottobre ’07.
Intendo ringraziarti per la tua disponibilità e complimentarmi con te per il modo in cui sei riuscito a mantenere vivo l’interesse dei circa 90 allievi presenti che si sono sentiti condurre con facilità incontro ad un argomento di non facile comprensione”.
Cordialmente
Prof.ssa Donatella Pigozzi

domenica 11 novembre 2007

"Ora et Labora" ad Udine

Sabato 17 novembre alle ore 17:30 la libreria Feltrinelli di Udine ospiterà la quarta presentazione del mio libro “Ora et Labora” giunto alla seconda ristampa.

La presentazione di un libro è sempre un evento importante che diventa straordinario quando né l’autore nè la casa editrice lo organizzano. Infatti questa volta l’organizzazione è stata gestita da Gabriella Pecchia, una partecipante all’Abbey Programme® di giugno.
Appena tornata dal corso Gabriella, responsabile della scuola di cucina Peccati di Gola di Udine, ha coinvolto con il suo entusiasmo sia il direttore della libreria sia il Prof. Honsell Magnifico Rettore dell’Università di Udine che avete già visto ospite di Fabio Fazio a “Che tempo che fa”.

Gabriella si era iscritta al corso con l’obiettivo di migliorare le sue capacità organizzative e manageriali. Devo dire che i risultati stanno già arrivando e sono ben contento che mi coinvolgano di persona. Naturalmente se siete a Udine vi aspetto sabato alla Libreria Feltrinelli.

giovedì 8 novembre 2007

martedì 6 novembre 2007

Il sogno di Simona

Pubblico volentieri la testimonianza di Simona, del salone Anna di Borgo San Dalmazzo (Cuneo), mio cliente da tempo. Simona ci dimostra che un sogno è un obiettivo e perché diventi vero deve essere sostenuto con l’impegno costante e con tanto amore per il proprio lavoro.

“Uno dei miei sogni nel cassetto era quello di riuscire ad arrivare nello staff delle truccatrici di Miss Italia. Oggi, grazie alla mia crescita professionale maturata frequentando i corsi di Paolo (Abbey Programme®, Samurai Lab®, Strutturalmente), il mio sogno si è realizzato, soprattutto perché la mia titolare mi ha ritenuto pronta per questa esperienza.
Ad un mese di distanza i ricordi sono vivi e positivi e mi accorgo di quanto sono cresciuta professionalmente. Visto che Paolo pubblica spesso nel suo blog le esperienze dei suoi clienti ho voluto anch’io partecipare e invio anche qualche foto. Grazie”.

domenica 4 novembre 2007

Lavori sporchi

Lo spunto per il post di oggi nasce da due fonti diverse: il libro “Cento lavori orrendi” (di Dan Kieran ed. Einaudi) e un servizio della trasmissione radiofonica “Dispenser” (Radio2, ore 20:30) .
L’argomento è comune: i lavori sporchi e persone che li devono fare.
Sembra impossibile, ma in un mondo ipertecnologico e apparentemente asettico c’è chi per campare deve raccogliere palline da golf in uno stagno infestato da alligatori, pulire il guano degli uccelli o raccogliere gli animali morti lungo le strade.

Dan Kieran scrive che “se siete convinti che il vostro lavoro sia il peggiore, questo libro potrebbe farvi ricredere. Cento lavori che nell’immaginario collettivo non vengono considerati poi così male, ma che si rivelano una vera e propria tortura”. L’autore li divide in sei categorie differenti: pericoloso, inutile, alienante, umiliante immorale, disgustoso.

Invece Dispenser ci parla di una serie di documentari televisivi iniziati nel 2003 dal titolo “Dirty Jobs” : ecco quindi l’allevatore di vermi, il raccoglitore di escrementi di pipistrelli e il pulitore di strade. Vedere questa trasmissione richiede senz’altro un certo stomaco ed il risultato è che per contrasto, molti vedono meno negativamente il proprio lavoro.

Quando faccio formazione sento sempre tante lamentele. Una frase abituale è: “Non è compito mio…”. Vedo ragazzi all’inizio di una promettente carriera poco disposti ai sacrifici, a scapito di altri che magari hanno dato anche fin troppo, ma che per una beffa del destino o troppa specializzazione non riescono a collocarsi in nessun ruolo. Mi viene sempre in mente una brillante laureata in archeologia costretta a fare la cassiera in un supermercato girando di punto vendita in punto vendita a seconda delle necessità del momento. Ho avuto modo, anni fa, di fare della formazione ai minatori del Sulcis, in Sardegna: è un lavoro duro, quasi anacronistico per i nostri tempi così tecnologici.

Ma diventa un lavoro sporco anche quello di chi è costretto a vivere di contratti a tempo determinato. Di contratto in contratto il tempo passa togliendo la possibilità di costruire un presente e tantomeno un futuro. Resta la consolazione, molto magra, di non essere a pulire gli escrementi degli animali dello zoo, ma in qualche ufficio penso che ciò che si prova nell’anima sia la stessa profonda rassegnazione.

C’è sempre un aspetto che mi colpisce in chi fa “lavori sporchi o umili”: una grande dignità personale. Dietro queste persone ci sono sempre grandi sforzi, miseria, ribellione, voglia di credere in una vita diversa.
Dovrebbe essere una lezione di vita per tutti coloro che al primo colloquio di lavoro chiedono di benefits e ferie e nemmeno si rendono conto di quali “lavori sporchi”ci possano essere in giro. È un discorso che faccio spesso ai neo assunti quando gli offro prospettive di carriera, formazione, crescita professionale. Spero sempre che qualcuno non mi risponda chiedendomi se il caffè alla macchinetta è gratis.

giovedì 1 novembre 2007

Pensiero del fine settimana

“Tutto ciò che l’individuo pensa
può essere scritto su un mezzo foglio di carta.
Il resto non è nient’altro che applicazioni,
divagazioni o girovagazioni”

(Thomas E. Hulme)

Oggi voglio proporvi la riflessione di Gianfranco Ravasi su questa frase di Hulme perché la trovo molto illuminante. La potete trovare, insieme ad altri interessanti commenti nel suo libro “Breviario Laico” ed. Mondadori.

“È accaduto a tutti durante una conferenza o in una cerimonia ufficiale di fissare con intensità lo spessore dei fogli che l’oratore sta leggendo, al fine di indovinare quanto tempo ci verrà ancora sottratto. La noia da conferenza o da lezione è un classico, ripreso in una serie infinita di battute, aforismi, parabole e riflessioni. Lo scrittore americano Mark Twain, noto per il suo sarcasmo e per le sue battute taglienti, durante un intervento attaccò un ascoltatore: “caro signore, che Lei ogni tre minuti guardi l’orologio è accettabile; ma che lo porti anche all’orecchio per sentire se funziona o è fermo, mi sembra francamente eccessivo!”
C’è però una verità che vale per tutti, anche nelle comunicazioni più semplici e quotidiane. Ce la ricorda nella citazione che sopra ho proposto Thomas E. Hulme (1883 -1917) critico e poeta inglese. E non a torto. Il più delle volte basterebbe proprio mezzo foglio di carta per dire in modo chiaro ed essenziale un messaggio, un pensiero, un contenuto.

Ecco due aggettivi decisivi, spesso schiacciati dalla valanga delle parole e delle oscurità: “chiaro ed essenziale”. Sfrondare i testi dalle divagazioni o dall’enfasi vuol dire andare al cuore dei problemi, al succo della notizia o della verità che si vuole comunicare. Questo vale anche per il parlato: la nebbia della chiacchiera è una sorta di mare in cui ci si bagna con piacere, ma dal quale si esce più sporchi di prima. La sobrietà non è solo una virtù della gola nei confronti dei cibi, lo è anche delle labbra riguardo alle parole”.

martedì 30 ottobre 2007

Qual è la società di formazione più adatta?

Oggi voglio riprendere il discorso iniziato un po' di tempo fa sulla formazione e, in particolare, fare qualche riflessione sulle motivazioni o le strategie che portano un direttore del personale a scegliere una società di formazione rispetto ad un’altra.

La logica ci direbbe semplicemente sulla base dei risultati ottenuti in aziende dello stesso settore. Ma non sempre è così.

Il panorama delle società di formazione è veramente ampio e l’offerta supera di gran lunga la domanda. A questo proposito mi fa molto riflettere il fatto che molte società "di formazione" abbiano iniziato ad offrire corsi per chi vuole diventare "formatore"; è un mercato che crea nel suo interno un'altro micro-mercato, è una sorta di involuzione che, secondo me, maschera una scarsa capacità innovativa.

Tutti noi formatori proponiamo il modello ideale per la risoluzione dei problemi e sono sicuro che ognuno è assolutamente convinto di poterci riuscire. Mi accorgo però che la differenza, "il valore aggiunto" è dato dalla voglia di conoscere l’azienda e di viverla a stretto contatto con chi ci lavora. Non bastano i modelli fatti calare dall'alto rigidamente, bisogna mettesi in gioco, da una parte (l'azienda) e dall'altra (il formatore).

Purtroppo mi sono anche reso conto che, di solito, è molto facile che la
scelta cada sui grandi nomi.
Proprio tempo fa parlavo con un direttore del personale che avrebbe volentieri scelto una piccola società di formazione con una “proposta di nicchia” come la mia, ma era costretto a cedere sul nome illustre già noto sul mercato per non essere costretto a dare troppe spiegazioni. Della serie "andiamo sul sicuro e basta, le cose strane lasciamole agli altri", con buona pace di tutti i propositi di rinnovamento e innovazione.

Esistono, grazie a Dio, anche imprenditori e direttori del personale illuminati che sanno scegliere sulla base di contenuti e della passione che il formatore sa trasmettere.
Quando dopo anni vengo richiamato a svolgere della formazione in un’azienda che non sentivo da tempo significa che c’è qualcosa in più: credo sia la fiducia, ma soprattutto l’aver dimostrato che non serve essere grandi per poter fare bene le cose.

Spesso è un piccolo passo che fa compiere alle persone grandi viaggi. Scegliere una società poco conosciuta è difficile, rischioso, ma molto più gratificante.

“Se vuoi conoscere una persona” dice un proverbio zen “cammina per un po’ con le sue scarpe”: Se un consulente è disposto a far questo per un proprio cliente credo la sua sia la società giusta da scegliere e il resto è solo teoria.


domenica 28 ottobre 2007

Ricette “anti-uomo”

La notizia è apparsa su “La Stampa” giovedì 25 ottobre: in Spagna la rivoluzione culturale è femminile e le donne che entrano in politica hanno istruzioni per conquistare “il potere in un mondo di troppi maschi” grazie ad un vero e proprio manuale.

Si intitola “Ricette di donne per fare politica”: 129 ricche pagine suddivise in 20 punti presentati come ricette di cucina. Ogni consiglio è suddiviso in tre parti: descrizione della “ricetta”, passi di realizzazione e consigli utili. Gli ingredienti sono i fondamentali del management e della leadership: fare squadra, rischiare, saper ascoltare, difendere gli interessi delle persone, cogliere le opportunità, organizzare il tempo, avere coraggio, gestire il dissenso, usare le tecnologie e vivere la diversità come un valore. Da parte mia posso ricordarvi che San Benedetto nella sua lungimiranza ha scritto un’unica Regola uguale per uomini e donne e che in un Giappone maschilista, sono esistite, grandi donne samurai.

La maggior parte dei miei clienti sono donne; tutte mi dicono di avere fatto e di continuare a fare molta fatica nella loro professione. Devono combattere con uomini competitivi che le sottovalutano e con colleghe che le invidiano. Imparano in fretta, e nei corsi di formazione sono più reattive degli uomini: non hanno tempo per perdersi in troppe riflessioni e congetture.

Spero proprio che dopo l’esempio spagnolo anche in Italia sempre più donne occupino ruoli dirigenziali e imprenditoriali con o senza “ricette-anti-uomo” o magari con grandi uomini alle spalle che le sostengano sempre.

giovedì 25 ottobre 2007

Pensiero del fine settimana

Il silenzio è il più perfetto araldo della felicità.
Se potessi dire quanto sono felice,
vorrebbe dire che sarei felice soltanto in piccola misura.
W. Shakespeare (1564 - 1623)

martedì 23 ottobre 2007

Abbey Programme® e la stampa

Abbey Programme® si avvia verso il nono anno di vita e per “festeggiare” ho voluto creare in questo blog un box “Abbey Programme® che riunisce, divisi per anni, tutti gli articoli che sono stati pubblicati sull’argomento in modo da poterli scaricare con facilità.

Mi sembra ieri quando in un piccolo monastero del Piemonte mia moglie ha avuto questa felice intuizione che ho subito abbracciato. Ricordo il primo incontro con la stampa: i giornalisti tra lo stranito e lo stupito mi ponevano domande che lasciavano poca speranza al successo di questa impresa. Ma come sempre il tempo costruisce e rafforza facendoci vedere gli aspetti da migliorare.

Devo ammettere che da quel momento la stampa si è dimostrata sempre attenta ad Abbey Programme® e ad oggi gli articoli sono circa una settantina.


domenica 21 ottobre 2007

Ratatouille: essere se stessi e vincere in squadra

E’ uscito il nuovo film di Walt Disney “Ratatouille”: non ho resistito e sono già andato a vederlo.

Il protagonista è un topo di nome Remy che ha un sogno impossibile, quello di diventare un rinomato cuoco in un ristorante a cinque stelle. Impossibile, direte voi… e invece ci riesce insieme allo sguattero Linguini e alla sua fidanzata Colette.
Remy ha le capacità e la sensibilità di uno chef, ma è un topo, Linguini ne ha la possibilità perché umano, ma non è capace di cucinare.

I due imparano a comunicare in maniera efficace e condividono i loro obiettivi: tra avventure e fughe rocambolesche il piccolo topo-chef e il suo compagno sperimentano il senso della vera amicizia, della famiglia ma soprattutto la scelta del saper essere sempre se stessi nel continuo rispetto vicendevole.
Nella cucina lavorano in team e, nella diversità, hanno bisogno l’uno dell’altro per essere forti. Gli ostacoli sono tanti, naturalmente, ma se la squadra è affiatata, come ogni manuale di management insegna, si vince sempre.

Finchè Anton Ego, il più potente critico culinario di Parigi conclude: “Il critico d’arte non è un artista, ma un invidioso che ha il solo talento di guadagnarsi da vivere nutrendosi dell’artista… non tutti possono essere dei grandi artisti, ma chiunque può diventare un artista”.

Nella mia professione incontro tanti uomini che sognano di diventare artisti, ma che si lasciano stroncare dalle critiche, altri che potrebbero essere degli artisti, ma che si lasciano fermare dagli eventi.
Ho conosciuto anche tante persone che non sapevano di essere degli artisti, e che sognavano una vita diversa: alcuni ce l’hanno fatta e ora sono felici.

Il segreto? Sono stati loro stessi e nonostante questo hanno rispettato la squadra in cui erano e il gioco che facevano e ora sono diventati dirigenti, professionisti e persone di responsabilità.

Forse mi stanno leggendo: grazie a loro ho imparato come Remy che tutti “possiamo diventare grandi cuochi se amiamo la cucina”.

martedì 16 ottobre 2007

La parola “grazie”

Dire “grazie” sembra sempre molto difficile anche per noi formatori. Ci sentiamo depositari di conoscenze superiori che impartiamo alle persone e amiano molto parlare più di noi stessi che dei problemi da risolvere.
La parola “grazie” è molto bella perché dà il senso del fermarsi e ammirare qualcosa che è stato fatto per noi: sia solo la cena, il più grande favore del mondo o una considerazione utile all’interno di un corso.

Nei monasteri la si dice spesso, con la logica della disponibilità e dell’attenzione comune. Nelle palestre di arti marziali la si dice al maestro all’inizio e al termine della lezione perché gli insegnamenti si trasmettano in continuo.

Ricordo un presidente della Repubblica che nel discorso di inizio anno ringraziava la gente che gli dava forza e speranza.
La forza che riceviamo, infatti, ci viene sempre da coloro a cui la trasmettiamo.

Ogni leader è tale perché sa infondere coraggio nelle sue persone e riceve da loro stima e consenso: è per questo che ogni vero leader non misura mai quanto dà al suo gruppo. Esprimere gratitudine è il primo dovere di un capo: io non lo sono, comunque…grazie a tutti voi.

domenica 14 ottobre 2007

La Regola Benedettina sbarca in USA

Hermes Edizioni, specializzata soprattutto nel campo medico e del benessere, nel suo notiziario di ottobre presenta tra le novità il libro “La Regola di San Benedetto per il successo negli affari”di Quentin R. Skrabec jr. Non ho ancora letto il libro, ma sono ben felice di sapere che l’intuizione che ho avuto nel 2001 creando Abbey Programme® si stia sviluppando anche oltre oceano.

Quentin Skrabec ha alle spalle una lunga carriera in campo manageriale e aziendale. Ha conseguito una laurea all'University of Michigan e un Master all'Ohio State University, oltre a tre lauree in Business, compreso un dottorato in Gestione globale della produzione (Manufacturing Management) presso l'Università di Toledo. Attualmente, è docente di Gestione aziendale presso la University of Findlay, dove dirige un nuovo programma di studio sulle operazioni di impresa.

Non può che farmi piacere che un personaggio di tale calibro si sia interessato allo studio sulla Regola di San Benedetto e sia giunto alle mie stesse conclusioni: la Regola di San Benedetto fa bene al business. Non vedo l’ora di leggere il libro e magari di scambiare qualche idea con l’autore. Vi tengo al corrente.

martedì 9 ottobre 2007

Formazione esperienziale: il tempo insegna.

Ippolito Nievo ne “Le confessioni di un Italiano” diceva “Gli uomini empiono il tempo, le grandi opere lo allargano”. Mai verità è stata più grande per la formazione esperienziale.

Incontro tanti Direttori del Personale, ognuno di loro ha molti problemi da risolvere e la formazione è spesso vista come una “panacea” che cura tutti i mali. La domanda che mi rivolgono da anni al termine di ogni mia presentazione è sempre la stessa: “In quanto tempo avrò risultati?”.

Da una parte è normale che un formatore preveda i tempi di realizzazione di quanto “predica” in aula, ma il problema con la formazione esperienziale è un altro. Le persone vivono un’esperienza diversa, in un ambiente a loro del tutto sconosciuto con ritmi e modalità che non sono quelli dell’azienda… entrare in un’ottica di questo genere è difficile e cogliere tutti i segnali da portare poi al lavoro a volte sembra impossibile, ma non è così.

Se chiedessi ad ognuno di voi di ricordare una qualsiasi esperienza vissuta positivamente, sicuramente quanto mi racconterete parlerà di sentimenti. Il vero senso di ogni formazione esperienziale è proprio questo: vivere situazioni positive attraverso i sentimenti in modo da renderle indelebili.

L’ha capito il Direttore del Personale di una grossa Azienda che ha partecipato ad Abbey Programme® dicendomi che: “Non si possono raccogliere dei risultati da una simile formazione, ma un Risultato perché i sentimenti con cui si vivono determinate situazioni ti segnano per tutta la vita e cambiano il tuo modo di lavorare e di relazionarti con gli altri… quello che verrà verrà e sarà solo positivo… ”.

L’hanno capito i partecipanti che di fronte all’imperativo di dover rendere pratici tutti i concetti appresi in aula si sono detti: “Lasciamo che il tempo che abbiamo dedicato a questa formazione sedimenti lasciando qualcosa di concreto nel nostro lavoro, OGNI GIORNO, con un’unica certezza: credere che quello che abbiamo provato possa realmente cambiare le cose”.

Del resto l’esperienza è l’insieme di tanti insegnamenti: per ottenerla serve tempo e per realizzarla tanta buona volontà e questa viene solo con il cuore.


domenica 7 ottobre 2007

L’Abbey Programme® di Mondadori Printing

Ieri sono tornato dall’Abbazia di Praglia contento per l’Abbey Programme® che ho progettato e diretto per Mondadori Printing. Il gruppo era composto da otto “High Potential” che con il loro Direttore delle Risorse Umane , Dr. Perino Vaiga, e il loro Responsabile della Formazione, Dr. Nalin ha lavorato per tre giorni sul tema: “L’impresa come Valore, il modello della Regola Benedettina”.
L’Ing. De Matteis, Amministratore Delegato di Mondadori Printing, mi ha affiancato per l’apertura del corso e ha cenato con noi e la comunità dimostrando grande interesse per questa esperienza formativa e creando un’efficace motivazione.

Nella foto vedete il gruppo con il Padre Abate durante la visita all’Abbazia, mentre qui sotto trovate i commenti che i partecipanti mi hanno lasciato.

"Il monastero e i monaci Benedettini vissuti grazie ad Abbey Programme®: un esempio di vita nella loro Regola che si traduce in umiltà, operatività, preghiera e silenzio, valori di cui c’è molto bisogno anche e soprattutto nel mondo in cui oggi viviamo".
Simone Baldo Resp. CoGe e Amm.ne Fornitori

"Abbey Programme® è… potersi confrontare con se stessi e sentire la necessità di trasferire agli altri i valori forndamentali che regolano la base di una collaborazione costruttiva".
Luciano Bellorio Resp. Gestione Prodotti e Qualità

"L’esperienza Abbey Programme®: tre giorni insieme alla comunità monastica benedettina di Praglia sono come un tuffo al di fuori del tempo e dello spazio, un break rispetto alla frenetica quotidianità, un’immersione in un luogo materiale ed umano dove la spiritualità riemerge e riconquista con fragore il posto che gli deve sempre essere dato nell’esistenza di ogni uomo".
Simone Boggio Resp. Produzione Libri

"L’Abbey Programme® è un’esperienza forte di vita comunitaria in cui ogni individuo trova la propria realizzazione lavorando nella e per la comunità, rispettando le regole del gruppo e la sensibilità dei singoli".
Filippo Golin Resp. Manutenzione

"Un’ esperienza positiva…capitata nel momento giusto".
Stefano Moretti Resp. Area Centro Sud Vendite

"Un momento di pausa, di silenzio, di ascolto, alla fine del quale ci si accorge di portare a casa “pillole” di vita in comunità con gli altri, sensazioni e sentimenti cha raffioreranno come spunti e riferimenti utili alla propria professione, grazie".
Paolo Nalin Formatore

"Un’esperienza unica, una grande opportunità di confronto con una realtà dai valori solidi e forti. Un’occasione per ritrovare qualcosa da cui poter ricominciare".
Gianni Perino Vaiga Direttore Risorse Umane

"Se ogni mattina entrando in Azienda provassimo a pensare, anche solo per un attimo, che l’Impresa dove lavoriamo è nostra e che la condividiamo con i nostri colleghi, questo ci aiuterebbe a trovare motivazioni forti e per molti aspetti simili a quelle che trovano i monaci Benedettini nella loro vita comunitaria".
Silvio Peroni Logistic Manager

"Esperienza “mistica”: ho visto come mi piacerebbe essere nella vita di tutti i giorni con i miei genitori, con i miei figli, con i miei amici e con i colleghi di lavoro".
Umberto Pighi Controller di Gestione

"L’esperienza formativa nell’Abbazia Benedettina di Praglia con l’Abbey Programme® è stata intensa e bellissima. Vivere il ritmo e il silenzio dei monaci per tre giorni intravedendo la loro armonia interiore e serenità è una grande opportunità. Appare chiaro che la bellezza, la grandezza e la forza che abbiamo osservato vengono da un Altro. Personalmente rendo innanzitutto grazie a Dio. Il lavoro proposto dall’Abbey Programme® consente di intuire un modo più bello e sereno, ma anche efficiente di lavorare e vivere. Grazie alla mia Azienda e allo Studio Bianchi".
Davide Velati Resp. Acquisti Carta

martedì 18 settembre 2007

Per un piatto di pasta

Nei miei corsi di formazione ricordo sempre che il cibo è un bisogno primario dell’uomo; se poi si ha anche l’hobby della cucina diventa di vitale importanza poter “spadellare” più volte la settimana. Tuttavia, anche dietro ad un semplice piatto di pasta al sugo ci possono essere momenti di grande tensione.

L’acqua, salata al punto giusto, sta bollendo e il sugo è quasi pronto. Si “butta” la pasta e inizia il dramma: “Qual è il tempo di cottura consigliato?. Dova sta scritto sulla confezione? Perché devo leggere con attenzione tutto il pacchetto per capire che ci vogliono 8 minuti di cottura? Perché devo dedicarne 10 a leggere cose che non mi interessano?”

Sicuramente è un’esperienza comune a tanti di voi che evidenzia lo scarto tra funzionalità ed esigenze degli utilizzatori. Un problema che ritroviamo in tantissimi oggetti di uso comune ma anche nell’interfaccia di molti siti web.

A questo proposito mi viene in mente l'ottimo libro segnalatomi da una cara amica “La caffettiera del masochista” di Donal A. Norman che affronta con ironia e profondità casi simili a questo.
Avete anche voi una storia da raccontare?

domenica 16 settembre 2007

Randagio: la“griffe” a quattro zampe!

“La decisione di commercializzare e diffondere il marchio “Randagio – Life Style” è stata quasi “obbligata” visto l’enorme successo che i nostri articoli hanno avuto da sempre. Con il tempo, la qualità ricercata nei tessuti scelti, unita alla bellezza e all’originalità delle stampe applicate, hanno trasformato semplici T-shirt in pregiati capi di abbigliamento dal look accattivante e di tendenza”.

Gli Amici del Randagio Onlus presentano così nel loro sito l’idea innovativa di produrre e commercializzare capi di abbigliamento per sostenere le loro attività di volontariato nei canili di Mariano Comense ed Erba (Como). Li ho incontrati ieri al loro stand presso la manifestazione “L’isola che c’è”, la quarta fiera provinciale dell’economia e del consumo consapevole, e ho potuto toccare con mano la qualità e il bel design degli articoli che propongono.

Per chi fosse interessato nel loro sito c’è la lista dei negozi dove acquistare magliette, orologi, felpe, portachiavi e altri gadget.
Così quella che all’inizio sembrava solo una moda destinata ad una ristretta cerchia di persone si sta allargando sempre più.
Trovo che questo sia un’ottimo e “simpatico” sistema di autofinanziamento per aiutare i nostri amici a quattro zampe più sfortunati, un sistema che allo stesso tempo sensibilizza le persone al problema dell’abbandono degli animali. Quindi vista la lodevole iniziativa diamogli tutti…una zampa.

giovedì 13 settembre 2007

martedì 11 settembre 2007

Abbey Programme®: un altro articolo


Oggi Metro, il quotidiano nazionale a diffusione gratuita più letto in Italia, ha pubblicato nella sua edizione di Milano una mia intervista su Abbey Programme®. Eccovela.

domenica 9 settembre 2007

Curriculum? Sì, grazie

Di fronte al PC il candidato trema e, nel battere incerto sulla tastiera, comincia lentamente a delineare la storia della sua vita professionale. La legge e la rilegge, e pensa che tutta la sua esperienza debba pur valere qualcosa. Si immagina la faccia del selezionatore che ad un certo punto gli rivolgerà con tono perentorio una domanda fatale. Saprò rispondere e quale sarà la risposta giusta?

Tante volte mi chiedono come va scritto un curriculum ben fatto. Al di là del curriculum standard europeo che accomuna qualsiasi professione attribuendo un punteggio finale, occorre sempre essere brevi, chiari e personalizzare il curriculum a seconda di chi lo invieremo.

Recentemente mi è capitato di leggere una poesia della poetessa polacca premio Nobel per la Letteratura 1996 Wislawa Szymborska intitolata proprio “Scrivere un curriculum” (tratta da “Vista con un granello di sabbia: Poesie 1957 – 1993”, Adelphi, 2004)
che mi piace proporvi:

“Che cos’è necessario?
E’ necessario scrivere una domanda,
e alla domanda allegare un curriculum.
A prescindere da quanto si è vissuto
è bene che il curriculum sia breve.
E’ d’obbligo concisione e selezione dei fatti.
Cambiare paesaggi in indirizzi
e malcerti ricordi in date fisse.
Di tutti gli amori basta quello coniugale,
e dei bambini solo quelli nati.
Conta di più chi ti conosce di chi conosci tu.
I viaggi solo se all’estero.
L’appartenenza a un che, ma senza perché.
Onorificenze senza motivazione.
Scrivi come se non parlassi mai con te stesso
e ti evitassi.
Sorvola su cani, gatti e uccelli,
cianfrusaglie del passato, amici e sogni.
Meglio il prezzo che il valore
e il titolo che il contenuto.
Meglio il numero di scarpa, che non dove va
colui per cui ti scambiano.
Aggiungi una foto con l’orecchio in vista.
E’ la sua forma che conta, non ciò che sente:
Cosa si sente?
Il fragore delle macchine che tritano la carta”.

Tenetemi, per favore, al corrente dei vostri successi e insuccessi anche se vi auguro solo i primi.